Omicidio Yara, Bossetti resta in carcere

Il 44enne di Mapello, indagato per la morte della 13enne di Brembate, si è dichiarato estraneo ai fatti. Il gip ha convalidato la misura cautelare.

(red.) Gravi indizi di colpevolezza per un reato «connotato da efferata violenza» e, quindi, deve rimanere in carcere per la sua «personalità» che potrebbe condurlo a commettere un reato simile Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore arrestato per l’omicidio Yara Gambirasio.
L’uomo, per il gip, si è dimostrato «capace di azione di tale ferocia, posta in essere nei confronti di una giovane e inerme adolescente, abbandonata in un campo incolto dove per le ferite e ipotermia ha trovato la morte». Il fermo, però, non va convalidato perchè «non è stato legittimamente disposto, poichè dagli atti non si evince alcun elemento concreto e specifico dal quale desumere il pericolo di fuga». A deciderlo il gip di Bergamo, Ezia Maccora, per la quale non c’è pericolo di fuga in quanto Bossetti «è soggetto regolarmente residente in Italia ove vive il suo nucleo familiare e i suoi figli minori e dove svolge attività lavorativa».
L’uomo, annota il gip, «non si è allontanato dopo l’omicidio, che è avvenuto nel 2010, ed è rimasto in loco durante tutte le indagini e nonostante le risonanze mediatiche delle stesse, tanto che i militari che hanno eseguito il fermo lo hanno trovato presso il luogo di lavoro». Il giudice sottolinea che Bossetti «non si è allontanato neanche dopo che la madre si e sottoposta al prelievo per l’esame del dna e da ultimo dopo che i militari lo hanno sottoposto al controllo, tramite alcol test, per effettuare il prelievo genetico che è stato utilizzato per la comparazione, con esito positivo, con la traccia biologica trovata sul corpo della vittima».
Bossetti aveva provato a difendersi davanti al giudice: «Sono totalmente innocente, non c’entro niente». Davanti al pm Letizia Ruggeri aveva fatto scena muta, ma col gip ha parlato: «Io quella ragazza non l’ho mai vista né conosciuta». Conosceva qualcuno della sua famiglia? «Ho visto il padre in un cantiere», dopo che la tragedia era già avvenuta: «L’ho riconosciuto perché c’erano le fotografie sui giornali e nei servizi televisivi». Qualcuno sostiene invece che Bossetti, muratore, e Fulvio Gambirasio, che è geometra, avessero lavorato insieme, ma lo stesso Gambirasio, nei giorni scorsi, aveva detto agli investigatori di non conoscerlo, di ricordarsi forse di averlo visto a Brembate di Sopra una volta, ma molto tempo fa. E su questo le due versioni combaciano.
Dov’era il tardo pomeriggio del 26 novembre, quando Yara scomparve? «A casa con la mia famiglia», ha risposto Bossetti. Una circostanza che la moglie, sentita dai carabinieri, non era stata in grado di ricordare. Il telefono cellulare, che aggancia la cella di via Natta a Mapello, alle 17.45 e «non faceva più comunicazioni fino alle 7.34 della mattina successiva», come ha ricostruito la Procura. «Sì, ma era a casa scarico». Bossetti ha risposto in modo preciso, con accanto il suo avvocato, Silvia Gazzetti, salvo che su una cosa: come poteva esserci quello che gli esperti della Procura ritengono con certezza il suo Dna sui leggins di Yara quando fu trovata uccisa, tre mesi dopo, in un campo di Chignolo d’Isola, a qualche chilometro da Brembate Sopra. «Non so spiegarmelo», si è limitato a dire.
Bossetti è rimasto «sconvolto», quando ha saputo, dopo oltre 40 anni, di essere figlio non del suo padre anagrafico, Giovanni ma di Giuseppe Guerinoni, l’autista di autobus di Gorno, morto nel ’99 e che avrebbe avuto un relazione con sua madre Ester. Ed è stato proprio grazie alla cosiddetta ‘pista di Gorno’, raggiunta dopo migliaia di comparazioni del Dna, che si è giunti a lui. Gli investigatori non si sono comunque fermati nemmeno oggi alla ricerca di riscontri al quadro indiziario raccolto finora. Sono stati, quelli di Scientifica e carabinieri, nella casa della famiglia, dove Bossetti, la moglie e i tre figli hanno vissuto fino a lunedì scorso e che ora è sotto sequestro. Ne sono usciti con del materiale raccolto in due sacchetti. Parallelamente, proseguono gli accertamenti del Ris dei carabinieri sul materiale preso in precedenza: il computer di Bossetti, arnesi da lavoro e taglierini.

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