Ve-part, Legambiente: “Disastro ambientale”

Secondo l'associazione, il percolato tossico della discarica di Buffalora sta contaminando falda e suolo. "Il Comune denunci i responsabili".

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(red.) «L’ennesimo disastro ambientale, a lungo annunciato, si sta consumando a Brescia».
A dirlo, Legambiente, che riaccende l’attenzione sulla discarica Ve-part di Buffalora, ricolma di percolato altamente tossico proveniente dai rifiuti lì stoccati dagli anni ’80. Secondo l’associazione, il percolato starebbe contaminando la falda e il suolo. I controlli svolti da ARPA negli anni dal 2003 al 2007 già evidenziavano superi per i parametri di ferro, nichel, cadmio, piombo e ammoniaca. Nel 2008 era stata rilevata la presenza di cesio 137. Una relazione ARPA dello stesso anno descriveva le condizione disastrose della discarica dove il percolato, non rimosso, rischiava di tracimare, e affermava “si ritiene che lo stato della discarica descritto comporti seri rischi di contaminazione della falda e dei terreni circostanti”.
Da anni, quindi, la situazione è nota. Ora si ha notizia di presenza di PCB con valori dieci volte superiori ai limiti di legge. «Chi devono ringraziare i cittadini bresciani per questo ennesimo attentato alla loro salute e all’integrità dell’ambiente?».
Legambiente ripercorre la vicenda. 
Questa discarica di rifiuti speciali, tossici e nocivi, è suddivisa in due lotti di 90.000 e 40.000 metri cubi; le autorizzazioni alla costruzione ed esercizio sono state rilasciate nel 1980 e nel 1987. Nel 1987, nell’autorizzazione rilasciata a Ecoservizi con delibera della Giunta regionale lombarda per il secondo lotto, che ha una superficie di 6400 mq ed una capacità di 40.000 mc, viene richiesta al gestore una fidejussione pari a “lire 54.000 al metro cubo, nonché di lire 5.400 al metro quadro aggiornata per gli anni successivi nella misura progressiva dell’8% per ogni anno a cadenza solare di decorso oltre al primo”.
Sull’autorizzazione regionale del 1987 avevano espresso parere favorevole  Comune di Brescia, U.S.S.L. 41 e Giunta Provinciale di Brescia. Nel 2000 la Waste Management Italia, proprietaria di Ecoservizi spa, vende la stessa con tutte le sue attività, ad esclusione della discarica di Buffalora, che viene posta in capo alla Ve-Part srl, controllata dalla stessa Waste Management. Il Dirigente regionale del Servizio rifiuti di Regione Lombardia nel marzo 2000 decreta la presa d’atto dell’affidamento, da parte di Ecoservizi, della gestione post-chiusura della discarica a Ve-Part srl e anche “dell’avvenuta definitiva chiusura e sigillatura, nonché della corretta messa in sicurezza della discarica citata, eseguita dalla ditta Ecoservizi”. Nello stesso provvedimento si dichiara che la Provincia di Brescia, con nota del 18 gennaio 1991, ha attestato l’avvenuta sigillatura totale dell’area.
Quindi Ecoservizi, a seguito del collaudo della Provincia di Brescia delle opere di recupero ambientale, potrà svincolare la polizza fideiussoria a suo tempo stipulata. A carico di Ve-Part viene posto l’obbligo di stipulare una nuova fidejussione pari a 216 milioni di lire. Pochi giorni dopo, sempre nel marzo 2000, la fidejussione è ridotta dallo stesso Dirigente regionale a 120 milioni di lire, cifra imparagonabile, per entità, a quanto inizialmente stabilito per Ecoservizi, che viene così praticamente esonerata da ogni onere di garanzia.
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Questo susseguirsi di avvenimenti ci porta ad amare riflessioni. La faciloneria e l’incuria degli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni ed ai controlli, e l’abile gioco delle tre carte attuato dalle società che si sono succedute nella gestione della discarica, oltre a regalarci l’ennesimo disastro ambientale rendono estremamente difficoltoso inchiodare i gestori della discarica alle loro responsabilità, obbligandoli a provvedere alla messa in sicurezza del sito e al risarcimento dei danni provocati. Infatti, negli anni si sono succeduti gli inviti, le diffide e le intimazioni a Ve-Part e Intergreen (responsabile della gestione dell’area venduta a Cauto) a provvedere all’aspirazione del percolato che minaccia il quartiere di Buffalora, ma nonostante promesse e comunicazioni di inizio lavori nulla è stato fatto e la situazione è rimasta drammaticamente irrisolta. Inoltre, la misera fidejussione di 60.000 euro, ancorchè riscossa, è palesemente inadeguata a fronteggiare un danno così ingente. Riteniamo che non si possa più assistere passivamente alla tragedia che si sta consumando».
Legambiente chiede a Regione Lombardia, Provincia e Comune di Brescia di attivarsi per predisporre misure urgenti ed indifferibili, ciascuno per quanto di propria competenza, di messa in sicurezza della discarica Ve-Part, per scongiurare i pericoli per la salute e le gravissime conseguenze del disastro ambientale in atto. Si chiedono azioni forti e determinate, anche con iniziative penali e sequestro di beni, affinché i gestori responsabili della discarica ottemperino alla loro responsabilità, dal punto di vista pecuniario e di necessità di bonifica.
Si chiede anche che gli enti preposti ai controlli sanitari ed ambientali informino tempestivamente e periodicamente la cittadinanza sull’evolversi della situazione e che, a fronte del deflagrare della situazione di criticità ambientale di Brescia e provincia, venga attuata una moratoria delle autorizzazioni ad ulteriori impianti inquinanti, con una indispensabile introduzione del principio di saturazione del territorio.
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I cittadini di Brescia sono ancora in attesa che la loro salute, costantemente a rischio, e il loro territorio, pesantemente martoriato da innumerevoli fonti inquinanti, siano finalmente tutelati da una adeguata attenzione e impegno da parte delle istituzioni. Fino a quando dovranno aspettare? Chiediamo all’ASL di esperire le indagini sanitarie del caso, per valutare quali siano i rischi per la salute della popolazione residente nelle vicinanze e di quanti possano essere attinti dalle conseguenze della situazione in atto. Chiediamo al Comune di Brescia di valutare attentamente la denuncia dei responsabili del disastro, inclusi i funzionari regionali responsabili della scarsa attenzione e del venir meno delle garanzie in capo alla Società titolare del sito, anche per l’ipotesi di disastro ambientale, chiedendo il relativo risarcimento del danno».

 

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