Pcb, «bene ordinanza, ma chiarire rischi salute»

Lo chiede all'amministrazione comunale il circolo bresciano di Legambiente. «Davvero la presenza di strato erboso riduce i pericoli di contaminazione?».

(red.) Legambiente Brescia prende atto della nuova ordinanza emessa dal Comune di Brescia circa il regime delle aree della cosiddetta “Zona Caffaro”. Alla base del provvedimento vi era l’urgenza di intervenire data la scadenza della precedente ordinanza e gli interventi dell’Autorità Giudiziaria.
«Le novità dell’ordinanza adottata dimostrano una positiva ripresa di interesse dopo anni di colpevole inerzia» secondo Legambiente che tuttavia «invita l’amministrazione a mettere in campo una serie di iniziative di approfondimento dei punti critici, anche in vista dei successivi provvedimenti da adottare per il rinnovo dell’ordinanza stessa».
Gli elementi di maggiore novità per gli ambientalisti bresciani sono «l’apposizione di limiti e divieti espliciti su aree recentemente colpite da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, e la differenziazione delle limitazioni in funzione del grado di contaminazione delle diverse aree. Nelle aree a contaminazione media l’ordinanza sostanzialmente dice che, secondo le autorità sanitarie, il rischio per chi le frequenta consiste nel contatto diretto con il terreno. Se tale contatto appare ridotto in quanto è presente uno strato erboso, i rischi per la salute si ridurrebbero drasticamente dal punto di vista della rilevanza statistica. A nostro avviso questo punto richiede massima prudenza e attenzione da parte delle Autorità Comunali».
Secondo il cigno verde «primo, occorre che l’Amministrazione chiarisca al più presto quali siano le basi scientifiche a sostegno della tesi secondo la quale la presenza di manto erboso riduce significativamente i rischi per la salute. In particolare, i cittadini devono sapere se la valutazione poggi su studi epidemiologici o piuttosto derivi da vecchie o nuove caratterizzazioni del suolo e, ancora, se è stata aggiornata l’analisi di rischio commissionata nel 2007 all’Istituto Superiore di Sanità e consegnata al Comune nei primi mesi del 2008. L’analisi indica quale livello di rischio corrono le varie fasce della popolazione, tenendo conto delle possibili vie d’ingresso degli inquinanti in questione: alimentare, cutanea, respiratoria».
«Secondo, deve essere chiarito al meglio che la frequentazione di quelle aree, pur se inerbate, espone comunque a una certo livello di rischio per la salute, e che solo attraverso l’adozione di una serie di accurati accorgimenti da parte dei frequentatori (evitare il contatto con terra, fango e polvere; pulizia delle scarpe e degli indumenti; vigilanza sull’ingestione accidentale da parte dei bambini, ecc.) tali rischi si abbassano a livelli insignificanti».
«Terzo» puntualizza il circolo bresciano, «resta da chiarire cosa debba considerarsi come “manto erboso”, come monitorarne lo stato nel tempo, e garantirne l’integrità». Infine, viene sottolineato da Legambiente, «occorre che l’Amministrazione integri il provvedimento sulle aree pubbliche con informazioni semplici e dettagliate ai cittadini dei quartieri coinvolti sullo stato di contaminazione di tutti i suoli, in modo che ciascuno sappia come affrontare il tema dell’uso e dell’eventuale bonifica delle proprietà private».
«Alla luce di queste problematiche, e del doveroso rispetto del principio di precauzione al quale le autorità sanitarie, sindaco in primis, devono attenersi», prosegue La nota degli ambientalisti bresciani, «ci chiediamo se valesse effettivamente la pena di consentire, nelle complesse condizioni attuali, la frequentazione delle aree pubbliche critiche». «E’ decisamente apprezzabile lo sforzo informativo e di trasparenza che l’Amministrazione sta mettendo in campo» viene ribadito, ma, «proprio in tal senso, occorrerà comunicare molto chiaramente ai cittadini cosa si possa fare e cosa non si possa in quelle aree, per evitare ambiguità ed equivoci, anche se rimane evidente che la priorità resta la bonifica, anche delle aree inerbate».
Il circolo bresciano di legambiente invita «l’Amministrazione Comunale anche a chiarire come e quando cominceranno le bonifiche e quale sia in concreto la strategia del Comune per reperire le necessarie risorse finanziarie. Ribadiamo che la città necessita di un vero e proprio Piano Strategico di Riqualificazione Ambientale, ossia di un progetto organico di rigenerazione delle matrici ambientali (aria, acqua, suolo) che parta dall’analisi rigorosa delle criticità esistenti e sviluppi con coerenza politiche di breve, medio e lungo termine per affrontarle e risolverle, a partire dal SIN Caffaro, ma non solo».

 

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