“Artematica a Brescia, favori ad amici di amici?”

Questi gli interrogativi sollevati dal consigliere Pd in Loggia Claudio Bragaglio sull'affaire Matisse. In mattinata l'assessore Arcai sentito in Procura.

(red.) Coma mai Artematica è sbarcata a Brescia? Qual è la natura dei rapporti tra la società (ora messa in liquidazione) dell’ad Andrea Brunello e la Loggia? Sono questi gli interrogativi principali che la Procura di Brescia sta indagando a fondo sull’affaire Matisse.
E se il procuratore Fabio Salamone ha aperto un fascicolo per truffa (finora nessuna persona risulta iscritta nel registro degli indagati) le stesse domande sono quelle sollevate da Claudio Bragaglio, consigliere comunale del Pd che vuole sia fatta chiarezza sulla scelta operata dal sindaco Adriano Paroli e dall’assessore Andrea Arcai, a favore dell’azienda trevigiana.
Nei giorni scorsi a Palazzo di Giustizia è stato ascoltato il  presidente di Brescia Musei, Fausto Lechi, mentre questo sabato verrà sentito, “come persona informata sui fatti” l’assessore Arcai al quale, nel frattempo, è stata dimezzata la delega alla Cultura.
“Come approdano a Brescia Direttore Generale e Segretario Generale entrambi del tutto estranei a Brescia, se non attraverso tale filiera che, com’è noto, è la stessa del Sindaco Paroli?” domanda Bragaglio. “Il Direttore Generale, Danilo Maiocchi, in quel suo biennio ha cercato – paracadutato qui dalla Regione – di applicare il modello Formigoni, operando con scelte che spesso hanno bypassato una Giunta in gran parte inconsapevole. Nessuno l’ha rimpianto, il dottor Maiocchi, quando se n’è andato. Nessuno, se non con un qualche omaggio all’ipocrisia. Ma alcuni suoi grossi guai ci son rimasti appiccicati addosso, come del caucciù. Artematica, appunto (gli “avventurieri”: Rolfi dixit)”.
In più, secondo l’esponente Pd in Loggia a fare acqua è “il  meccanismo contrattuale”  che “solo in apparenza è minaccioso per le penalità previste, ma nella realtà  è un contratto lasco, a maglie troppo larghe e – come avvenuto – ha reso possibile le tentazioni alla truffa, che la Procura è chiamata a verificare”.
“Risulta grave (a contratto già approvato il 18 giugno 2010)”, evidenzia Bragaglio, “ la condizione iugulatoria imposta dopo cinque mesi da Artematica,  con la modifica dell’art. 8. Tale modifica prevede di ridurre drasticamente il controllo sulle rendicontazioni. Condivisa dalla Giunta, essa stabilisce che il 50% circa dei ricavi previsti (circa 5 milioni) vengano esclusi dalla rendicontazione. Non solo. Per l’altra metà, la rendicontazione è un elenco di spese, ma stilato da Artematica stessa e che esclude la presentazione delle fatture (si parla di 2 milioni per biglietti, e di un altro milione tra sponsor e bookshop). Quindi mezzo bilancio per contratto è fuori da ogni controllo e per l’altra metà non sono possibili verifiche di fatture, se non solo a campione”.
“Temo”, afferma il consigliere democratico, “che si sia così voluto sottrarre Artematica ad ogni forma stringente di controllo”.
“Si pone infine anche il problema”, conclude Bragagglio, “dello studio professionale che in queste faccende ha fatto “assistenza” alla Fondazione e al Comune. Non parlo del contratto Inca, ma dell’affaire Matisse. Il Presidente della Fondazione, dottor Lechi, ritiene di non dover fornire elementi sugli studi professionali coinvolti e sui pareri espressi. Evocare, come lui ha fatto, la legge sulla trasparenza (L. 241/90) per mantenere opaca la vicenda suona solo conferma d’un suo spinoso imbarazzo”.

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