Indagato anche Perego, amico del presidente

Stretto collaboratore del governatore e, come lui, "Memores Domini", è finito nell'inchiesta per la villa in Sardegna. Si scava anche nei conti del numero uno lombardo.

(red.) Roberto Formigoni, che, con la notifica di un’informazione di garanzia e un invito a comparire, è ufficialmente indagato dalla Procura di Milano per il caso Maugeri, sabato non si presenterà davanti ai pm che lo hanno convocato con l’accusa di corruzione aggravata dalla transnazionalità, in concorso con molti dei nomi ormai noti finiti sotto inchiesta ed anche con l’amico, e come lui ‘Memores Domini’, Alberto Perego.
Come hanno fatto sapere al quarto piano del Palazzo di Giustizia, l’interrogatorio del Governatore, salvo sorprese, non dovrebbe svolgersi nel week-end, ma verosimilmente la prossima settimana. Giovedì pomeriggio, infatti, il difensore del presidente della Lombardia, l’avvocato Salvatore Stivala, dopo un breve colloquio con il procuratore aggiunto Francesco Greco e i pm Laura Pedio e Antonio Pastore, ha spiegato che sabato Formigoni non ci sarà perchè ”i tempi sono troppo ravvicinati” e di aver dato ai magistrati la disponibilità per una serie di date ”anche in agosto”, in quanto l’intenzione è quella di difendersi davanti agli inquirenti. ”Ci sarà e risponderà alle domande”, ha aggiunto il legale.
Insomma, calendario alla mano, si sta cercando una data che possa essere compatibile con gli impegni di tutti, vista anche l’imminente pausa per le vacanze estive.
Intanto, mentre si sta scavando anche nei conti bancari di Formigoni, dall’invito a comparire trapelano altri particolari.
Innanzitutto che Perego, stretto collaboratore del ‘Celeste’, risulta indagato per la vicenda della villa in Sardegna. Si tratta di 13 vani che il commercialista ha acquistato l’anno scorso per tre milioni di euro da una società di Daccò con un maxi-sconto di favore, secondo l’accusa, e con un prestito di 1,1 milioni ricevuto dal governatore (anche su questo si concentrano gli accertamenti bancari). Sconto da circa un milione e trecento mila euro (e non da 4 milioni come scritto in un’informativa della polizia giudiziaria) in quanto i pm, che nella stesura del capo di imputazione hanno anche ritoccato alcune cifre dei ”benefit” elargiti a Formigoni e al suo entourage dal faccendiere Pierangelo Daccò, hanno preso come riferimento la valutazione di mercato più bassa fatta da alcuni periti su quell’immobile, ossia 4,3 milioni.
Dalle indagini finora svolte, poi, come si evince dal capo di imputazione, è venuto a galla che la fetta più consistente dei ‘cadeau’ che avrebbe ricevuto il presidente della Lombardia da parte di Daccò riguarderebbe i tre yacht, l”Ad Maiora’, l”Ojala’ e il ‘Cinghingaia’ di cui si parla in alcuni verbali, e messi a sua disposizione tra il 2007 e il 2011: circa 4,5 milioni euro di costi per ”imbarcazioni di lusso” (800 mila in più rispetto al conteggio degli investigatori) per garantire vacanze nei luoghi più esclusivi del Mediterraneo.
Nell’atto dei magistrati c’è poi l’elenco delle altre ”utilità” che il presidente lombardo avrebbe ricevuto da Daccò: 600 mila euro versati per la campagna elettorale del 2010 (i pm, in un primo tempo, avevano contestato quei soldi come finanziamento illecito ai partiti, ma ora sono stati ‘assorbiti’ nella corruzione); 500 mila euro per cene, eventi e incontri in locali ‘a cinque stelle’; 800 mila euro circa per le vacanze ai Caraibi, tra soggiorni e viaggi aerei; circa 70 mila euro per i meeting di Comunione e Liberazione. Tutte spese che, come si è saputo, sono state comunque calcolate per ‘difetto’ e che portano a indicare il prezzo della presunta corruzione in 7,8 milioni di euro e non in 9 milioni, come è scritto nell’informativa della pg.
Nel frattempo, il settimanale ‘Tempi’, vicino a Cl, prende le difese del governatore: ”Per dire che Formigoni è corrotto bisogna dimostrare che c’è stato il patto corruttivo”. Il punto nodale dell’inchiesta, infatti, e su cui continuano a lavorare gli inquirenti (vertici e riunioni anche oggi in Procura), è proprio quello di accertare, tramite testimonianze e altri riscontri, che il governatore sarebbe stato corrotto per far approvare una quindicina di delibere di Giunta che in dieci anni hanno portato nelle casse della Fondazione Maugeri circa 200 milioni di euro, come rimborsi regionali per le funzioni sanitarie ”non tariffabili”.

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