Spazzati via 4.500 ettari di terre agricole

A tanto ammonta il consumo di suolo nella pianura bresciana tra il 1999 e il 2007. Lo studio è stato effettuato su 22 comuni e promosso da Cogeme.

(red.) A quanto ammonta il consumo di territorio nel Bresciano?
A questa domanda ha cercato di rispondere Paolo Pileri, docente di Pianificazione Territoriale e Ambientale al Politecnico di Milano, e il maggiore esperto italiano sul problema del consumo di suolo e dei conseguenti effetti ambientali e paesistici che, in una conferenza che si è svolta venerdì scorso alla Rocca San Giorgio di Orzinuovi (Brescia), come riporta un articolo apparso su Officina della Città.
L’evento era organizzato dalla Fondazione Cogeme che ha già promosso ricerche sulla sostenibilità ambientale (per esempio, il progetto “Franciacorta sostenibile” e quello intitolato “Pianura sostenibile”).
Lo studio, come riporta  il sito parlaBrescia.it, è stato svolto su 22 comuni appartenenti alla Bassa bresciana, e verrà prossimamente pubblicato in un libro intitolato “Suoli D.O.C. Effetti dell’uso e del consumo di suolo in Franciacorta e nella Pianura bresciana”.
Pileri ha ricordato che il suolo è una risorsa ambientale non rinnovabile, un dato base da cui partire per la successiva analisi della cosiddetta “mezzaluna” attorno a Brescia (dalle colline della Franciacorta alla bassa pianura agricola), pari a 88 comuni su un’area di quasi 160.000 ettari per 586.000 abitanti, territorio nel quale, come ha evidenziato lo studioso e come viene riportato dal sito di Officina della città, tra il 1999 e il 2007 sono spariti oltre 4.500 ettari di terre agricole. “Di questi 4.500 ettari persi”, ricorda parlaBrescia.it, ben 3.700 ettari sono stati urbanizzati, equivalenti all’intera superficie territoriale del comune di Chiari, con un’intensità di costruzione equivalente a 150 trilocali (85 m2) al giorno”.
Per misurare gli effetti della cementificazione il professore ha utilizzato alcuni indicatori di sostenibilità, da anni utilizzati nelle scienze ambientali, evidenziando che “in 8 anni la superficie urbanizzata e impermeabile ha subito un tasso di crescita di più del 20%, mentre il territorio complessivamente ha perso più del 4% delle superfici agricole disponibili nel 1999”. La perdita delle migliori terre fertili, viene sottolineato, “non rappresenta solo un danno per le attività agricole, ma anche un danno alla qualità dell’aria perché essendosi ridotta la quantità di carbonio assorbita nelle terre vengono emessi nell’atmosfera circa 183.000 tonnellate di CO2 in più, mentre la cementificazione aumenta i rischi di esondazione dei corsi d’acqua”.
“Per ogni abitante dei 22 comuni presi in considerazione”, prosegue l’articolo di Officina, “ci sono 487 m2 di superfici urbanizzate (in particolare strade, parcheggi, giardini, ecc …) da mantenere, contro i solo 235 di un abitante di Brescia, e ciò significa costi sempre maggiori di manutenzione che i comuni non sono più in grado di garantire”.
Pileri ha proposto di affrontare il problema “cambiando decisamente le politiche urbanistiche, dando precedenza al valore ambientale del territorio, salvaguardando l’agricoltura ed evitando nuovi consumi di suoli, ma anche cambiare stile di vita individuale e stile di vita delle amministrazioni”.
Oltre a ciò il recupero del patrimonio edilizio esistente, e con un’attività di cooperazione “tra i comuni, tra amministratori provenienti da diverse culture e ideologie politiche, superando interessi troppo individualistici, ma anche inventando nuove forme di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica”.

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