Coronavirus, gli insoluti non bloccano le imprese bresciane

Nove imprese su dieci non hanno generato insoluti nel mese di marzo. l'8% del campione «in misura temporanea e contenuta».

(red.) Nove imprese su dieci non hanno generato insoluti nel mese di marzo. Un altro 8% è stata costretto ma «in misura temporanea e contenuta». A rilevarlo è l’indagine flash del Centro Studi Apindustria sulle insolvenze, realizzata attraverso un questionario a un campione rappresentativo di 100 imprese associate in cui prevale la media impresa del settore metalmeccanico.

L’indagine ha messo anche a confronto gli insoluti generati con quelli ‘ricevuti’: ne emerge la mancanza di correlazione tra la mancata solvibilità dei propri clienti, e la generazione di insoluti verso i fornitori. «Si osserva – si legge nel rapporto – come in 7 imprese su 10, pur accusando la ricezione di insoluti, si sia in grado di ‘assorbire il colpo’ senza riversarli sui propri fornitori. In poco meno di 3 imprese su 10 non si ricevono e non si generano insoluti». L’indagine rileva che la situazione che si è presentata nel mese di marzo rappresenta una novità assoluta per il 17% delle imprese, qualificando il mese appena concluso «come un momento che ha stravolto le normali condizioni di liquidità».

 

Sul fronte insolvenze, per quanto riguarda il prossimo futuro regna ovviamente una grande preoccupazione: gli speranzosi sono pochi (3%), il 17% crede che si ripeterà la situazione attuale, il 53% teme invece un ulteriore peggioramento. Il 27% si dice non in grado di fare previsioni. «C’è anche chi teme che a causa del prolungato fermo alla produzione – rileva il rapporto – sarà obbligato a divenire soggetto insolvente rispetto ai propri fornitori». «Nel mese di marzo sembra non ci siano state ancora ripercussioni particolarmente pesanti – afferma il Presidente di Apindustria Douglas Sivieri -, così come sembra che chi ha subito insoluti non li ha poi scaricati a sua volta. Evidentemente tante imprese, con grande sforzo, si stanno impegnando a pagare i fornitori nei tempi stabiliti e questo fa loro onore. Resta la preoccupazione per il futuro, come mostra quel 53% di imprenditori che teme un rapido peggioramento della situazione».

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