Cdc, le quattro sfide di Ambrosi

Aeroporto, palafiera, export e accesso al credito: Il neo presidente alle prese con la difficile eredità di Franco Bettoni.

(v.p.) Sono tante le sfide che attendono Giuseppe Ambrosi, presidente della Ambrosi spa, realtà lattiero casearia molto aeroporto D'Annunzionota nel Bresciano, e da poco numero uno della Camera di commercio di Brescia.
L’imprenditore, espressione netta di Aib, l’associazione degli industriali bresciani, ha infatti sostituito Franco Bettoni, per 22 anni alla guida dell’ente camerale. Purtroppo, però, sono ancora tante le questioni che l’ex-presidente ha lasciato non risolte (Bilancio_preventivo).
AEROPORTO D’ANNUNZIO. Poteva essere uno degli scali più competitivi di tutto il Nord Italia. Inizialmente Ryanair lo aveva scelto come hub per i propri voli low cost per Londra. Poi la definizione più usata dallo stesso Bettoni, quando si riferiva allo scalo di Montichiari, era cattedrale del deserto. Un bel nomignolo per un progettino costato decine di milioni agli enti locali e alle imprese bresciane, sempre in perdita, e che non ha mai generato un minimo indotto per il nostro territorio.
Ora la veronese Catullo spa, con grossi problemi di bilancio e di capitale, sta cercando di cederlo per la disperazione. Trattano Venezia e Bergamo. Il sistema bresciano è fuori dalla porta, senza poter dire nulla, all’oscuro dei movimenti che coinvolgono un’infrastruttura che potrebbe essere, invece, essenziale per lo sviluppo del territorio.
fiera di BresciaNIBIRU PLANET. Come è possibile che alla vigilia dell’Expo 2015 il nostro tessuto produttivo non abbia un contenitore – un’esposizione tecnologica – in cui mostrare prodotti e lavorazioni collegati all’esposizione internazionale milanese?
Ovvio che l’unico spazio adatto fosse il Palafiera di Brescia, ormai chiuso e inutilizzato. E Bettoni, forse anche per rilanciare una società in perdita cronica, aveva pensato bene di trasformare il Palafiera in Nibiru Planet, un parco tecnologico che, a oggi, non si capisce nemmeno se verrà fatto oppure no.
Invece trasformare l’ex-tribunale in un’area bresciana per l’Expo è ancora più complicata come mission. In via Moretto il palazzo è vecchio e malconcio, non ci sono parcheggi e non è facilmente raggiungibile. Oltretutto macchinari e attrezzature per la ristorazione potrebbero non trovare una collocazione adatta. E poi non è detto che i soldi arriveranno. Insomma, la proposta del Comitato locale è probabilmente troppo azzardata e rischiosa.
EXPORT PER DAVVERO. Le imprese bresciane stanno soffrendo come tutte le altre, questo è vero, ma a differenza di altre province, qui non si fanno politiche per l’internazionalizzazione. Il sistema delle missioni e dei convegni, infatti, è ormai superato. Le fiere, invece, non danno garanzie e hanno costi molto alti.
Bisogna fare internazionalizzazione per tutti e bisogna andare a cercare mercati potenzialmente interessanti. Le imprese, però, come prima cosa, devono riuscire a farsi trovare. Informazioni e notizie devono correre in rete, confezionate per essere leggibili da tedeschi, americani e cinesi. Deve essere un metodo di default, studiato dal sistema camerale, che non può più essere improvvisato.
Interi comparti produttivi bresciani aspettano di essere scoperti e a volte si trascura un dato fondamentale: quando si cerca qualcosa – anche un partner  industriale o commerciale – si utilizza un motore di ricerca e vengono letti sempre i testi più semplici e chiari.
ACCESSO AL CREDITO. Una Camera di commercio non è una banca, questo è ovvio, ma comunque un sistema camerale ha il compito di agevolare i finanziamenti per le attività del proprio tessuto di riferimento. Il sistema creditizio attuale, però, non è per il momento in grado di premiare un’idea vincente. E’ più orientato ad aiutare un’impresa con delle garanzie reali. Dunque chi può fare davvero innovazione, se non ha garanzie da mettere sul tavolo, è costretto ad annaspare a vantaggio di chi, invece, ha le spalle coperte e magari non ha nulla di interessante da offrire.
La Camera di commercio deve fare in modo di assumersi il rischio di finanziare  progetti potenzialmente vincenti. Quindi, ogni volta che stanzia dei soldi a garanzia di prestiti utili per le aziende, deve anche intervenire sul metodo di distribuzione, perchè modelli interessanti trovino un futuro concreto.
Chiaro che questa valutazione non può essere lasciata nelle mani di qualche bancario, addestrato per ridurre al minimo il rischio finanziario dell’azienda per la quale lavora, ma deve essere presa da un organismo al di sopra della competenza degli istituti di credito.

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