Maroni, Orlando (Pd): “Frasi gravi”

Il segretario provinciale di Brescia critica le affermazioni del governatore lombardo Maroni sugli immigrati. "Serve un progetto con l'Europa".

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michele orlando candidato segreteria(red.) “Che troppo caldo dia alla testa è noto da tempo. Diciamo che non serviva l’uscita di Maroni di ieri per averne un’altra dimostrazione”. Lo dice il segretario provinciale del Pd di Brescia Michele Orlando sull’intervento del governatore lombardo Roberto Maroni sugli immigrati. “Ciò che più colpisce della minaccia di tagliare i trasferimenti regionali ai comuni che dovessero accogliere i migranti non è tanto l’abitudine tutta italiana di esprimere opinioni diametralmente opposte a seconda del ruolo ricoperto (il Maroni ministro dell’Interno alcuni anni fa chiedeva a presidenti di Regione e sindaci di farsi carico dell’accoglienza; il Maroni governatore della Lombardia oggi dice invece di non pensarci nemmeno).
Non è serio, certo, è un atteggiamento decisamente ipocrita, ma non è questo l’aspetto più grave. Così come non stupisce più di tanto l’avversione leghista verso l’immigrazione: la nuova linea-Salvini è tutta improntata alla demagogia – continua il segretario – alla strumentalizzazione, all’idea di mettersi in sintonia con la pancia, fomentando timori e paure? E allora è normale, per loro, che, anche di fronte ad emergenze come quelle che l’Italia sta affrontando in questi anni, la scelta sia quella di chiudersi nel proprio guscio ed escludere tutto e tutti. L’aspetto veramente grave è il ricatto vero e proprio che sta dietro quelle affermazioni. Minacciare di ridurre i trasferimenti a quei comuni che dovessero adottare politiche non condivise da chi governa – pro tempore – la Regione è un fatto di una gravità inaudita e un precedente pericoloso che va ben oltre la Costituzione e la normale dialettica democratica. È palese, vero, su quale terreno vischioso ci si andrebbe ad instradare?
Vorrebbe dire l’omologazione, l’accettazione passiva di tutto quanto proposto dalla Regione, il venir meno del confronto tra opzioni diverse; in poche parole, saremmo di fronte a una grave violazione della libertà di azione e di uno dei principi cardine delle democrazie per il quale chi ha responsabilità istituzionali deve rispondere, oltre che alla legge, al popolo che l’ha eletto, senza atteggiamenti di obbedienza o di timore reverenziale nei confronti dei rappresentanti delle istituzioni sovraordinate. L’idea-ricatto va dunque respinta e, con vigore e fermezza, rispedita al mittente, pretendendo (anche se so che il rischio che sia invano è molto alto) delle vere e proprie scuse istituzionali. Diciamo che ancora una volta si è persa l’occasione per entrare nel merito e affrontare con la testa, anziché con la pancia, un problema che, oggettivamente, rischia di diventare sempre più insostenibile. Perché una cosa è chiara: l’Italia, da sola, non ce la può fare, per quanto grande sia lo sforzo in termini economici ed umanitari e per quanto grande sia il cuore dei volontari e di tantissimi italiani che ogni giorno danno il loro contributo per gestire questi fenomeni biblici.
Serve un vero coinvolgimento dell’Europa, intesa come Unione, ma anche come singoli Stati: non è pensabile, oltre che profondamente ingiusto, che il peso dell’emergenza ricada unicamente sui paesi di confine, il nostro in particolare. Servono strategie integrate, uomini e mezzi comuni, un impegno economico garantito dalla Commissione, una politica di accoglienza diffusa e solidale, a livello nazionale e a livello europeo. Serve una rinnovata attenzione verso il Mediterraneo, verso il mare in sé (per evitare che diventi un impressionante cimitero) e verso i paesi che si affacciano sulla sponda meridionale. Servono accordi con i paesi di partenza per pattugliare, colpire gli scafisti, evitare le partenze; serve un impegno prioritario verso la Libia per ricostituire un’entità statuale con interlocutori certi, perché finché resterà una terra di nessuno, in mano a bande contrapposte, sarà impossibile pensare ad alcun accordo; serve un progetto lungimirante e di lungo periodo per mettere a fuoco le principali aree di crisi (in Africa e nel Medioriente innanzitutto) e per trovare soluzioni che diano stabilità, crescita e sviluppo così da prevenire l’esigenza di migrare per sperare di costruire un futuro migliore.
Serve un rafforzamento dei progetti SPRAR e una ottimizzazione delle procedure per valutare le richieste di asilo: anche qui, più mezzi e più uomini per ridurre i tempi e riconoscere lo status di rifugiato a chi ne ha diritto e gestire i rimpatri di coloro ai quali invece quello status non viene riconosciuto. È un tema, quello dei rimpatri – continua Orlando – che non può essere eluso, proprio perché il nostro Paese non è fisicamente in grado, pur con tutta la buona volontà, di accogliere chiunque. Ed è un tema che non può essere eluso da una forza di centro sinistra e di governo come il PD. I problemi più grossi vanno gestiti, non subiti; dal punto di vista politico, economico e anche sociale. La strategia non può che essere complessiva (con alcuni interventi immediati e altri che guardano invece al medio periodo) e non può non vedere coinvolta l’intera Europa. Solo così riusciremo a coinvolgere in positivo gli italiani tutti, con la testa e non con la pancia, con una serena visione del futuro e non con le paure – conclude il segretario -con fiducia nelle nostre possibilità e sulla possibilità di costruire un mondo più giusto, equo e sicuro”.

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