Estorsioni e minacce tra Brescia e Bergamo, condanne anche in appello

Nei guai una famiglia, di cui il padre ritenuto a capo dell'intera associazione, già condannato, è però deceduto.

(red.) Nelle ore precedenti a martedì 16 marzo dal tribunale di Brescia sono state ribadite anche in appello una serie di sentenze di condanna a carico di diversi soggetti accusati di aver fatto parte di un’associazione intenta a commettere estorsioni e minacce con l’aggravante del metodo mafioso. Il processo era stato aperto dopo l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Brescia in seguito all’incendio ai danni di una serie di camion e appiccato nel dicembre del 2015 nel piazzale di un’azienda a Seriate, in provincia di Bergamo.

Tutte le condanne rifilate in primo grado sono state confermate, anche se scontate per qualcuno. Tra questi, invece, un imputato già condannato a 12 anni di reclusione e facente parte della ‘ndragheta e ritenuto a capo del gruppo è deceduto. Sentenza anche per la moglie, ritenuta contabile, condannata a 5 anni e sette mesi, 5 anni per il figlio della coppia che avrebbe accompagnato il padre nelle estorsioni e 7 anni e quattro mesi per il nipote dell’imputato deceduto. Altri due sono stati condannati con sconti di pena e pene confermate per altri a 10 anni, 6 anni e otto mesi, 7 anni e quattro mesi, 2 anni e otto mesi e 4 anni e quattro mesi.

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