Leonessa, altri 7 a processo. Ma niente corruzione aggravata

Sono accusati di aver consentito a Rosario Marchese di provare a ottenere la patente a Mantova dopo revoca.

(red.) Nella giornata di ieri, lunedì 1 febbraio, in tribunale a Brescia si è svolta un’udienza preliminare nell’ambito di un procedimento a carico di sette persone e come stralcio della maxi inchiesta “Leonessa” con cui si era arrivati a scoprire legami tra imprenditori e criminalità organizzata nella nostra provincia. Il giudice ha deciso che alla sbarra dal prossimo 12 maggio, ma al tribunale di Mantova per competenza territoriale, andranno i sette indagati.

I reati a vario titolo contestati sono quelli di falso in certificati pubblici, sostituzione di persona e falso ideologico. Tra gli imputati c’è anche un carabiniere di servizio a Desenzano del Garda. Ma per lui e gli altri sei è caduta l’accusa di corruzione con aggravante mafiosa perché il fatto non sussiste.

L’accusa nei confronti dei sette – il carabiniere, due addette di un’agenzia di pratiche di auto, un medico di Mantova e altri tre – è di aver incassato 15 mila euro da Rosario Marchese, esponente di una famiglia mafiosa di Gela al nord, per consentirgli di prendere la patente. Titolo di guida che gli era stato revocato dopo un provvedimento di sorveglianza.

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.