Assegni da cliente “incapace“, chiesti 3 anni

Due avvocati imputati a processo per circonvenzione di incapace. Si sarebbero fatti dare 50 mila euro ciascuno di parcella da facoltoso pensionato 90enne.

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(red.) Nella giornata di lunedì 12 marzo al tribunale di Brescia si è svolta un’udienza nell’ambito di un processo a carico di due avvocati accusati di circonvenzione di incapace. Un facoltoso uomo di 90 anni, residente a Limone sul Garda, nel bresciano e morto nel dicembre del 2016, aveva deciso di lasciare il proprio patrimonio di più di 3 milioni di euro alla badante e al figlio di lei. Ma su questa operazione e sulla base della segnalazione dei familiari, la Guardia di Finanza aveva aperto un’indagine. L’udienza di lunedì ha riguardato due assegni che l’anziano aveva dato a due avvocati, cioé al nipote penalista e un altro civilista. Somme di denaro che i due avevano restituito dopo aver saputo di essere stati indagati.

La richiesta di quell’azione era arrivata dal sostituto procuratore di Brescia Ambrogio Cassiani a fronte della possibilità di archiviare la loro posizione, ma al contrario il giudice aveva deciso di rinviarli a processo. Procedimento che lunedì ha visto la richiesta di condanna a 3 anni di carcere per ciascuno dei due imputati. Al contrario, i loro avvocati hanno chiesto l’assoluzione. In pratica, la Corte vuole capire se l’anziano al momento in cui diede i due assegni fosse lucido dal punto di vista mentale. Erano stati i figli a trovare due matrici da 50mila euro ciascuno per i due legali e avevano quindi deciso di presentare un esposto. Infatti, come emerso durante l’udienza, uno dei figli considerava il padre incapace di intendere e volere, tanto da chiamare la prole con nomi diversi e portando a richiedere un amministratore di sostegno.

Che però lo stesso 90enne aveva poi rifiutato, cambiando idea. Perfino il direttore della banca dove il pensionato conservava i risparmi invitata i figli a prestare attenzione alla situazione economica e patrimoniale dell’anziano. Non a caso, 3 milioni di euro vennero spostati all’improvviso per volontà del pensionato bresciano dall’istituto di credito verso altri. Al contrario, i due avvocati imputati si sono difesi dicendo che l’uomo fosse lucido, tanto da farsi dare assegni tracciabili. Tuttavia, per l’accusa non c’erano fatture che giustificavano un importo del genere. Ma su questo fronte uno dei legali dei due imputati ha parlato della possibilità di discutere la cifra al massimo in un processo civile. Sulla presunta circonvenzione di incapace da parte dei due accusati il giudice deciderà l’11 aprile, giorno in cui è prevista la sentenza.

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