Strage Cottarelli, sentenza il 31 maggio

Il pg ha chiesto l'ergastolo e due anni di isolamento per i cugini Vito e Salvatore Marino, imputati nel terzo processo d'appello per l'omicidio.

Cottarelli(red.) E’ stata rinviata al 31 maggio la sentenza sui cugini trapanesi Vito e Salvatore Marino per l’omicidio della famiglia Cottarelli del 28 agosto del 2006. In quella notte, nella villa di via Zuaboni a Urago Mella, nel bresciano, morirono sotto i colpi di pistola il capofamiglia Angelo Cottarelli, la moglie Marzenne Topor e il loro figlio Luca. Giovedì 14 aprile alla Corte d’Assise di Milano si è svolta la seconda udienza nell’ambito del terzo processo d’appello sulla strage e disposto dalla Cassazione dopo aver annullato per due volte le condanne all’ergastolo dei due cugini. Sentenze che erano state emesse dalla Corte di Brescia e poi da quella di Milano. Al momento l’unico condannato in via definitiva è Dino Grusovin che sta scontando vent’anni di carcere. Proprio lui nell’udienza di apertura del terzo procedimento giudiziario alla fine di marzo aveva testimoniato parlando della presenza dei due cugini Marino sul luogo del delitto.
Sulla base di ciò che il condannato aveva detto, giovedì 14 il procuratore generale Lucilla Tontodonati ha chiesto l’ergastolo e due anni di isolamento diurno per i Marino. Secondo l’accusa, la testimonianza di Grusovin sarebbe credibile sul fatto che alcuni giorni prima del delitto il gruppo avesse preso a noleggio un’auto, pur avendone già una. In più, ha sottolineato come i presunti complici fossero nella villa il giorno del delitto. Al contrario, l’avvocato Giuseppe Pesce, legale dei due cugini, in una lunga arringa ha ritenuto non credibile Grusovin e ha chiesto al giudice di confermare la sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Brescia, quella sull’assoluzione. “Sono state raccolte numerose tracce sul luogo dell’omicidio – ha detto l’avvocato – ma non ci sono quelle dei Marino. Non ci sono prove per condannarli. I rapporti tra Angelo Cottarelli e Vito? Il capofamiglia era creditore, non doveva dare soldi”.

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