Utero in affitto, bimbo dato in adozione

Per la Cassazione il bimbo, 4 anni, nato in Ucraina da una madre surrogata, e "comprato" da una coppia di Crema, affidato ad un'altra famiglia.

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(red.) Un bambino di quasi quattro anni, nato da madre surrogata ucraina, per la Cassazione risulta “figlio di nessuno”. Quindi può essere dato in adozione. La sentenza, destinata a far parlare di sè, “punisce” la coppia di genitori – due 50enni di Crema che si erano vista negata la richiesta di adozione in Italia per tre volte – che aveva cercato in tutti i modi un figlio, arrivando a scegliere un utero in affitto.
Il bambino al centro del caso è nato in Ucraina nel 2011 e ora, hanno stabilito i giudici, sarà dato in adozione visto che l’Italia non riconosce la pratica della maternità surrogata e, in base alle legge, risulta figlio di nessuno. L’uomo e la donna di Crema si erano spacciati per i veri genitori del piccolo al loro rientro dall’Ucraina, ma erano stati scoperti e denunciati per frode anagrafica. Il loro caso non è in regola nemmeno con la legge ucraina che preverde che almeno il 50 per cento del patrimonio genetico appartenga alla coppia e che gli ovociti non siano della gestante. I supremi giudici hanno confermato le sentenze del tribunale minorile di primo e secondo grado di Brescia contro il parere del procuratore generale che in Cassazione ha chiesto l’annullamento dell’adottabilità. È il primo caso del genere in Italia.
«Il legislatore deve provvedere a mettere mano ad una legge che prenda atto che la realtà è molto cambiata». Melita Cavallo, presidente del Tribunale dei minori di Roma, è intervenuta sulla decisione della Cassazione che ha stabilito che dovrà essere adottato il neonato ‘comprato’ in Ucraina nel 2011 da una madre surrogata su committenza di una coppia di Crema che non poteva avere figli. «La Cassazione -ha detto all’Adnkronos Melita Cavallo – non ha fatto altro che applicare la legge nei confronti di una donna che ha utilizzato una strada che il nostro diritto non prevede».
Fatte queste premesse, la presidente del Tribunale dei minori della capitale, ha sottolineato la necessità di correre al più presto al riparo. «Il legislatore intervenga rapidamente. E’ necessario prendere atto del fatto che la realtà è cambiata», ha ribadito la Cavallo.
Per il presidente dell’Aibi (Associazione Amici dei Bambini), Marco Griffini, questa sentenza potrebbe avere un «impatto davastante». «Ancora una volta – afferma Griffini – assistiamo ad un caso in cui è la magistratura che fa le leggi. Siamo davanti ad una sentenza pericolosa perchè le statistiche parlano di migliaia di coppie che vanno in Ucraina ricorrendo alla pratica dell’utero in affitto».
Il presidente dell’Aibi coglie l’occasione per ricordare la necessità di investire sulle adozioni internazionali: «Ci sono milioni di bambini abbandonati. Investiamo sulle adozioni internazionali».

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