Dopo 16 anni a processo per il disastro ferroviario

Depositata la perizia psichiatrica sul macchinista alla guida del treno che si schiantò contro un altro convoglio a Calino il 30 dicembre del 1996. Cinque le vittime, 44 i feriti.

(red.) A 16 anni di distanza dal disastro ferroviario che costò la vita a due colleghi, il macchinista Roberto Romele, 30 anni di Pisogne e il capotreno del “D255” Giuseppe Alberti, 46 anni di Sulzano, ed ai passeggeri Maria Lorenzato, 66 anni di Brescia, Omar Maffeis, 18 anni di Cedegolo, Antonio Voltolini, 73 anni di Borgosatollo, e in cui rimasero ferite 44 persone, Giancarlo Lancini di Iseo verrà processato.
La tragedia ferroviaria si consumò a Calino di Cazzago (Brescia) il 30 dicembre del 1996.
Lancini era il macchinista di uno dei due convogli che entrarono in collisione nei pressi della stazione di Bornato.
Subito dopo l’incidente, Lancini era stato giudicato non in grado di subire il procedimento penale, ma ora, a distanza di oltre tre lustri, la perizia psichiatrica disposta sul ferroviere ha stabilito che l’uomo ha la “capacità di stare in giudizio”.
Nel tragico schianto morì Romele, che lasciò un bimbo di appena due anni e la moglie Roberta Rolandi, capotreno rimasta coinvolta in un terribile incidente nel giugno scorso a poca distanza da quello in cui perse la vita il marito. Roberta è rimasta ferita in modo grave nel sinistro avvenuto all’altezza di un passaggio a livello dove un camion era rimasto bloccato nel tentativo di passare i binari mentre sopraggiungeva il treno su cui la donna viaggiava.

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