Per gli immigrati della gru “sentenza già scritta”

Lunedì udienza del dibattimento a carico di due clandestini coinvolti nei fatti di via San Faustino. "Ma i testimoni della difesa sono stati espulsi".

(p.f.) Non ci saranno i testimoni della difesa, lunedì, in aula, a confermare la versione di Sherif e Rafak. Due immigrati accusati di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, che, in caso di condanna, non potranno più sperare in una regolarizzazione. Tutto inizia nei giorni della gru.
E’ l’alba dell’8 novembre 2010, nelle sale della parrocchia di San Faustino, in via della Rocca a Brescia, per concessione della stessa parrocchia, dormono alcuni degli immigrati del presidio. “La polizia”, ha raccontato Mohammed Elgaar, “è entrata, ha sorpreso i ragazzi che stavano dormendo, li ha picchiati, alcuni sono rimasti feriti”. Mohammed quel giorno non c’era, ma c’erano suo fratello e due cugini. “Fu un’irruzione improvvisa”, ha aggiunto Gabriele Bernardi, dell’Associazione Diritti per Tutti e del Presidio della Gru, “della polizia, che entrò con caschi e manganelli”. Tra i feriti, anche Sherif e Farag, a cui, qualche giorno dopo, fu recapitata anche l’accusa di resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Altri 10 del presidio furono espulsi, di cui 6 (e unici) testimoni dello sgombero dell’8 novembre.
“Il processo a carico di Sherif e Farag”, ha continuato Bernardi, “è cominciato qualche mese fa. La prima udienza si è chiusa con un rinvio, perché i testimoni della difesa, gli altri 6 ragazzi dello sgombero non avevano potuto presentarsi al processo”. La Questura non ha dato infatti il nulla osta al reingresso in Italia per dare il contributo al dibattimento processuale. “Avrebbe potuto concederlo”, ha precisato Bernardi, “per motivi di giustizia, come testimoni riconosciuti dal giudice, ma non lo ha fatto adducendo motivi opinabili”. Ma una parte, nella vicenda, ce l’ha anche la Prefettura di Brescia. I sei ragazzi, infatti, nel 2010, avevano già avuto il via libera per accedere alla sanatoria; la loro espulsione è arrivata  solo perché a loro carico è risultata una condanna per inottemperenza all’ordine della Questura.
Nel 2011, però, sia la Corte di giustizia europea che il Consiglio di Stato hanno sentenziato che l’inottemperenza a un ordine del questore non può essere motivo di espulsione. “La Prefettura a questo punto”, ha spiegato l’avvocato Sergio Pezzucchi, che segue il caso, “deve solo cancellare la revoca della sanatoria e i  testimoni avranno il diritto ad avere un visto di ingresso. A distanza di un anno, però, non ha fatto nulla”. Alcuni immigrati, nelle stesse condizioni degli espulsi in questione, ad esempio, sono già tornati in Italia, a seguito delle sentenze di Corte europea e Consiglio di Stato. “Ma loro non facevano parte del Presidio”, ha aggiunto Pezzucchi. Di fatto, senza testimoni, la condanna per Sherif e Farag è quasi già scritta.
Lunedì mattina, alle 12, ci sarà una nuova udienza, e la difesa chiederà un nuovo rinvio per risolvere la questione. “La gru”, è la considerazione di Bernardi, “di fatto ha messo in difficoltà Prefettura e Questura, facendo rimbalzare anche all’estero le difficoltà degli immigrati. Ora presentano il conto, sulla pelle di Sherif e Farag”. Fuori dal tribunale, lunedì ci sarà anche un presidio, organizzato da Associazione Diritti per Tutti e Presidio della Gru. Domenica, dalle 19, presso Magazzino47, invia Industriale 10, invece, la presentazione del film “La vita che non C.I.E.”, tre corti sui centri di identificazione ed espulsione di e con la regista Alexandra D’Onofrio.

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