Capriolo, ‘Weexchange’ e ritorna il baratto

Parte dal paese sebino un’iniziativa che lancia anche in Italia la moneta complementare, non cartacea, WE. A Brescia sono circa 60 le attività finora affiliate.

(red.) Conoscere il proprio passato per comprendere, e in questo caso migliorare, il presente. Infatti, spesso le idee migliori nascono dal recupero di pratiche antiche.
Antiche quanto il baratto: proprio quest’ultimo concetto è stato rivisitato e trasformato in frontiera della new economy, utile per sottrarre le Pmi al credit crunch. Si tratta della moneta complementare, valuta non cartacea che circola parallelamente a quella ufficiale. All’estero è stata a lungo sperimentata, ad esempio in Svizzera, dove negli anni Trenta 60mila imprese si scambiavano beni e servizi in WIR, che affiancava il franco svizzero.
Questa pratica è oggi protagonista anche di molti progetti italiani (il primo, Bexb, nato proprio a Brescia nel 2001). Uno dei più recenti ha visto la luce nel 2011 all’ombra del Cidneo: WE è la valuta, Weexchange il circuito di compensazione multimediale nel quale essa circola. Sede legale a capriolo e sede ideativa nelle persone dell’imprenditore Marco Rocati e del professionista Paolo Torregrossa, sfrutta la pratica del “Barter” (baratto, appunto), ed aggiunge all’antico scambio di beni il carattere della multimedialità. Con questo sistema le aziende affiliate possono scambiare prodotti senza pagamenti; chi vende non ha l’obbligo di accettare la merce della controparte, ma ottiene verso il circuito un quantum di crediti che potrà spendere successivamente acquistando beni o servizi da un altro utente del network: il punto d’equilibrio del sistema è zero.
Il Barter nasce in risposta alle grandi crisi economiche, e non è un caso se WE (come WIR) è la traduzione inglese (e in tedesco) di “noi”. Il sistema mira a sostenere l’economia delle imprese, anche dove prive di liquidità immediata. Una leva finanziaria dunque, ma anche di marketing e commerciale: nel circuito il rischio d’insoluto non esiste, mentre è possibile comprare pagando con le eccedenze di magazzino. Inoltre, gli utenti del network tendono a preferirlo al mercato esterno, perché farne parte vuol dire acquistare visibilità e clienti.
Come ha spiegato Ivan Foina, del Gruppo Professionale Qualità  Sicurezza Ambiente, una delle circa 60 affiliate bresciane, pagando in WE le sale e i catering per eventi, il gruppo rientra dai crediti grazie ai clienti interni al circuito, e le operazioni risultano velocizzate dall’esistenza di un portale di e-commerce.
Il network bresciano conte le attività più varie: in WE si può pagare, ad esempio, il conto del dentista; questi a sua volta spenderà i crediti guadagnati per riparare la propria auto, in un’officina affiliata.
In meno di due anni il consenso riscosso è stato tale da consentire l’apertura di 35 agenzie in tutta Italia. Commerciano in WE gruppi come OSM e CAF-CGL; ed una convenzione con Mastercard permetterà presto l’accesso al circuito anche ai privati. La WE è anche la prima moneta complementare italiana con vocazione europea, infatti, nel 2012 sono nate le prime agenzie spagnole, e altre apriranno in Portogallo.
Attenzione però, ci sono anche dei rischi: il fatturati in WE si considera come in euro, ma stipendi, Iva e tasse vanno versati nella valuta ufficiale. Ciò potrebbe creare problemi di liquidità alle aziende che fatturino solo in WE. Proprio per scongiurare questa ipotesi, come ha spiegato Maurizio Cantaboni, titolare dell’agenzie Weexchnge di Brescia, si stabilisce sempre con l’azienda un tetto massimo di credito. La moneta complementare è una risorsa, ma solo finché conserva la sua natura di sostegno nei confronti di quella ufficiale.
Cantaboni e il dottor Torregrossa ne presenteranno a Brescia virtù e limiti il prossimo 18 aprile, in occasione di un incontro su “Come salvarsi dalla crisi economica, finanziaria e sociale”, ovviamente in una delle location affiliate al circuito.

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