Acli: “Decreto lavoro, promosso con riserva”

Secondo l'associazione, è stata dimenticata l'età di mezzo dai 30 ai 50 anni. "Quale imprenditore, nonostante gli incentivi, assume se non ha nulla da offrire?"

(red.) Le Acli di Brescia esprimono soddisfazione nel constatare che il governo Letta pone al centro della sua azione la questione lavoro, sempre più drammatica ed urgente.
Per le Acli, il Decreto Lavoro è un primo passo, ed è positivo il fatto di rivolgere gli incentivi per trasformare i contratti precari in contratti a tempo indeterminato. «Valutiamo positivamente il fatto che vengano mobilitati 1,5 miliardi per misure in favore dei giovani e per i soggetti con più di 50 anni, così come il rifinanziamento del fondo per i lavoratori disabili. Come associazione di lavoratori, attenta ai problemi ed alle dinamiche del mondo del lavoro, però, non possiamo esimerci dall’evidenziare almeno tre aree di criticità».
Innanzitutto, appaiono troppo restrittive le condizioni per potere usufruire degli incentivi alle assunzioni; i giovani, infatti, devono possedere almeno una di queste condizioni: essere privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, essere privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, vivere soli con una o più persone a carico.
«Ancora una volta viene dimenticata “l’età di mezzo”, quella di coloro che hanno più di trent’anni e meno di cinquanta. Che sono troppo “anziani” per beneficiare di incentivi e troppo “giovani” per godere di sgravi o poter essere “accompagnati” alla pensione. Persone che magari hanno già una famiglia a cui provvedere e che spesso, per forme contrattuali precarie o per via del fatto che è stata fatta aprire loro una partita iva per svolgere un lavoro tipicamente da dipendente, non godono di nessuna tutela o rete di protezione. Persone che nella nostra azione sociale – nelle serate a tema sul lavoro nei nostri Circoli od ai nostri “Sportelli informa lavoro” – incontriamo quotidianamente e delle quali raccogliamo angoscia, paura, disillusione, perdita di speranza».
Infine, ancora una volta, si punta tutto sugli incentivi alle assunzioni, nonostante precedenti poco confortanti se non fallimentari. Oggi come ieri si stabiliscono incentivi per chi dovesse assumere, senza affrontare i nodi veri e cruciali per creare buona e stabile occupazione e dare un futuro a chi è disoccupato, precario, in situazione di disagio. «Le misure fiscali servono, possono essere d’aiuto e fungere da stimolo, ma non ci si può e non ci si deve limitare a queste; vanno infatti accompagnate da misure di contesto più generale, altrimenti rischiano di essere sterili, fini a sé stesse, con effetti limitati nel tempo, inefficaci.
Quale imprenditore, infatti, nonostante gli incentivi, assume se non ha lavoro da offrire? Suggeriamo, quindi, che invece di intervenire solo sul versante del costo del lavoro, si affrontino, con maggiore decisione ed incisività, i temi da mettere in relazione alla competitività dei nostri prodotti sui mercati ed alla possibilità di impiegare maggiore forza lavoro, quali costo dell’energia, accesso al credito, lotta alla corruzione, certezza nei pagamenti sia dagli enti pubblici che tra privati, semplificazione del sistema burocratico, certezza del diritto e rapidità del sistema giudiziale, formazione e ricerca».

 

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