Violenza sulle donne: “Stop al silenzio”

Il tema è stato dibattuto nel convegno “Ti amo da morire”, organizzato dalla rete Senonorquando e da Cgil. "Una piaga sociale che va affrontata agendo su più fronti".

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(p.f.) Basta con il silenzio, complice, di chi quasi quasi giustifica gli uomini che picchiano e maltrattano le donne. E a tirare le orecchie al sesso forte è, per una volta, un uomo, il filosofo Marco Eggenter, intervenuto nel convegno “Ti amo da morire”, organizzato dalla rete Senonorquando e dalla Cgil.
“Il silenzio degli uomini di fronte alla crescente violenza sulle donne è pari al silenzio che c’era in Europa durante le stragi compiute dai nazisti. E’ un colpevole lavarsene le mani. Ma noi dobbiamo vergognarci, come uomini, di quello che sta succedendo”. Non basta essere bravi e rispettosi della propria donna, nella propria quotidianità: è necessario anche reagire a chi bravo non è.
“La crescente violenza sulle donne dipende dal fatto che l’uomo non ha saputo ripensarsi in una società che è cambiata tantissimo negli ultimi anni. Siamo esseri culturali, non biologici, non possiamo continuare a giustificare la violenza fisica o sessuale, dicendo che l’aggressività è nella nostra natura di maschi”.
E non poteva mancare, a pochi giorni dal caso di via Cremona, un pensiero anche ai padri che uccidono i figli. “E’ comunque da leggere come una violenza contro la donna, che viene condannata a vivere. La figura del padre è però quella che più di tutte ha subito dei cambiamenti nella società.  Occorre ripensare alle leggi sul divorzio: se agli uomini viene chiesto di prendersi più cura dei bambini, anche le donne devono però ripensare il proprio ruolo di madre, dando più spazio ai papà”.
Per dare un supporto, poi, alle donne vittime di violenza, è fondamentale creare degli spazi di aggregazione, luoghi di incontro dove le donne possano confrontarsi ed essere assistite. Attualmente a Brescia ci sono tre consultori pubblici e quattro convenzionati. Solo due le struttura di accoglienza, il Centro Pronto Intervento Istituto Maria Bambina e il Centro Pronto Intervento Faro delle Suore Poverelle.
“Un tema davvero complesso quello della violenza sulle donne”, ha spiegato Vanda Romagnoli, assistente sociale consultorio Asl Brescia, “bisogna distinguere ad esempio tra mamme e non. Per le mamme con i bambini, infatti, è più facile che si aprano le porte dell’assistenza, perché a loro spetta la priorità. Le donne che non hanno figli, invece, sono meno facilitate, e questo le fa sprofondare in abissi di solitudine”. E poi ci sono le altre vittime, i figli. “Bambini che vedono scorrere la violenza tra le persone più importanti della loro vita, che non possono parlare all’esterno, perché è la stessa mamma che intima di non dire nulla. Purtroppo mancano le risorse, ma bisognerebbe ripartire dalle scuole, fare educazione anche agli insegnanti, che per primi possono intercettare queste situazioni di disagio”. Cresce, intanto, l’impegno delle strutture sanitarie.
Dal 2010 è attivo il progetto “Accoglienza delle donne che hanno subito violenza”, guidato da Maria Grazia Fontana, medico del Pronto Soccorso del Civile di Brescia. “La violenza riguarda donne di ogni età, estrazione sociale, cultura. Avviene nella maggioranza dei casi tra le mura domestiche, ed è difficile da combattere perché sono le stesse vittime le prime a non voler denunciare, perché si sentono in qualche modo colpevoli da aver causato la violenza. Una piaga sociale, in forte crescita, che va affrontata agendo congiuntamente su più fronti”.

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