Fosse Ardeatine, il Dna porta a Lumezzane

Fra le tre vittime dell'eccidio nazi-fascista del 24 marzo 1944 recentemente identificate dai Ris anche Michele Partito, i cui nipoti vivono da anni in Valgobbia.

(red.) Una delle vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, avvenuto a Roma il 24 marzo del 1944 ad opera  delle truppe di occupazione della Germania nazista ai danni di 335 civili e militari italiani, come atto di rappresaglia in seguito a un attacco partigiano contro le truppe germaniche avvenuto il giorno prima in via Rasella, porta le sue orme fino in Valgobbia, a Lumezzane (Brescia) dove vivono alcuni suoi discendenti.
Il nome di  Michele Partito, fra le vittime della strage, è stato identificato solo pochi giorni fa, dopo una serie di approfondite e difficili analisi compiute dai Ris sui resti.
Oltre a Partito, originario di Agrigento, sono stati identificati, garzie agli esami del Dna, anche Marco Moscati e Salvatore La Rosa.
Rimangono ora nove (su 335) i caduti ”noti, ma non identificati” e ”ignoti” nei sepolcri del sacrario romano.
Soddisfatta Rosina Stame, presidente dell’Anfim (Associazione nazionale famiglie italiane martiri), che da anni si batte perchè tutti i martiri abbiano un nome.
Gli indizi sulla probabile identità di Moscati (i resti si trovano nel sacello numero 283) e La Rosa (sacello 273) erano emersi già lo scorso anno. Ora, al termine di ulteriori e complesse analisi, fa sapere il ministero della Difesa, si è raggiunta la ”ragionevole certezza” (pari ad oltre il 99% delle probabilità). Mentre per Partito (sacello 155) la probabilità è al 92%. Le indagini hanno avuto impulso dalla richiesta partita dalla comunità ebraica e dall’Anfim al presidente della Repubblica ed al ministro delle Difesa. Il ministero ha chiesto l’intervento del Ris dei carabinieri di Roma per esame del Dna dei resti. Sono state, pertanto, avviate ricerche, in Italia e all’estero, per individuare i parenti più prossimi dei caduti ”noti ma non identificati”, al fine di ottenere il previsto assenso formale per poter prelevare i campioni biologici. L’attività si è prolungata a causa della complessità degli esami su reperti risalenti al 1944 e per assumere ulteriori informazioni di tipo antropometrico, anch’esse utili per l’identificazione.
E per ogni nome si dipana una storia. Quella di persone rastrellate dai nazisti (detenuti, fermati, ebrei) e massacrati come atto di rappresaglia per l’attacco partigiano in via Rasella del giorno precedente, che causò la morte di 33 tedeschi. Marco Moscati, giovane partigiano di origine ebraica che combatteva nei Castelli Romani ed era soprannominato ‘Marchello’, aveva 28 anni quando fu ucciso alle Fosse Ardeatine insieme al fratello Emanuele. Era stato arrestato dalla polizia fascista dopo una delazione. Aveva tentato di fuggire dal carcere di Regina Coeli ma era stato preso a piazza del Popolo.
I parenti di Marco per anni si sono battuti con l’obiettivo di raggiungere l’identificazione dei resti. Salvatore La Rosa era un militare che aveva abbracciato la lotta partigiana.
Michele Partito venne ucciso all’età di 30 anni. Per risalire alla sua identità i carabinieri del Ris di Roma hanno comparato la genetica dei nipoti e, tra questi, quella di Edoardo Partito, 62 anni, residente a Lumezzane dal 1960 che ha saputo soltanto giovedì dell’identificazione e non ha potuto così prendere parte alla commemorazione che si è svolta venerdì, con un giorno di anticipo sull’anniversario.
La famiglia bresciana di Partito ora potrà finalmente portare un fiore sulla tomba dell’avo, scomparso 70 ani fa e sulla cui sorte non vi erano certezze fino all’altro giorno.
All’inizio del 1944 Michele aveva lasciato la Sicilia per raggiungere Roma, dove si persero poi le sue tracce. Il suo nome era stato inserito nell´elenco delle 335 persone fucilate nella rappresaglia nazifascista.

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