Capo di Ponte, apre la Pompei camuna

In occasione della XIV esposizione di “ImmaginArti” apre al pubblico il sito archeologico di Pescarzo. Conservati i resti di tre camuni del I se. a. C. oltre alla casa e ai gioielli.

(red.) Anche la Valle Camonica ha la sua Pompei in miniatura. Apre al pubblico, anche se solo per pochi giorni, il sito archeologico di Pescarzo di Capo di Ponte, in cui gli scavi del 1995 avevano portato alla luce una piccola abitazione del I sec. a. C. L’occasione è XIV esposizione di arti e mestieri “Di pietra e di legno. ImmaginArti “.
Come per la cittadina campana di epoca romana, sepolta da un’eruzione improvvisa del Vesuvio nel 79 d. C., anche il ritrovamento camuno è stato reso possibile da una tragedia. In seguito a un incendio, la dimora è rimasta pressoché intatta nel tempo e ha portato alla luce, oltre alle mura, ai preziosi e ai suppellettili, tre resti di cadaveri. Si tratta degli scheletri di due bambini e di un adulto morti intossicati dal fumo, appartenenti alla popolazione camuna che in quel periodo stava transitando per l’odierno territorio bresciano in seguito alle prime migrazioni che portarono qualche secolo dopo alla dissoluzione dell’impero romano. La casa misura 23mq ed è seminterrata, stratagemma dell’epoca per difendersi dalle escursioni termiche: la parte sporgente dal terreno era di legno, ricoperta con lastre di pietra. I muri perimetrali rimasti, ancora in pietra, misurano quasi due metri. C’erano probabilmente due piani, a cui si accedeva, opo il corridoio coperto, tramite una scala di otto gradini.
Il soggiorno (se così vogliamo chiamarlo), la “zona notte”, la dispensa, il deposito per gli attrezzi e  il laboratorio della  tessitura avevano un semplice pavimento in terra battuta. Secondo le ricerche, l’alloggio ospitava una famiglia di quattro persone. Nella casa sono stati ritrovati gli scheletri di un adulto, il pater familias, di un neonato di pochi mesi e di un bambino d’una decina d’anni, mentre manca all’appello la madre, che forse era riuscita a mettersi in salvo dal disastro. L’abitazione tra le case alpine romanizzate conosciute, ha il più ricco patrimonio di manufatti. Bracciali (armillae), spille (fibulae), pendagli, una rarissima monumentale porta di legno di larice con serratura e chiave in ferro, pali e travi, un curioso vasellame di produzione romana, persino una gerla: tutti oggetti provenienti da Pescarzo e presentati nella mostra collaterale “Di pietra e di legno: una casa alpina fra età del Ferro e romanizzazione” al Museo Archeologico di Cividate Camuno, a cura della dottoressa Solano in collaborazione con il Comune di Capo di Ponte, del Comune di Cividate Camuno e della Proloco Cividatese. Oltre alla possibilità di visitare i resti della dimora, l’esposizione temporanea dà l’imperdibile opportunità di valutare gli avanzamenti degli studi condotti in questi anni sulle popolazioni “barbare” locali e sulla loro integrazione con la popolazione dominante latina, studi che la casa di Pescarzo ha notevolmente contribuito a far progredire.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.