Giornalista russo dissidente si rifugia a Brescia e chiede asilo politico

Pavel Broska Semchuk sarebbe stato sequestrato e torturato per un articolo pubblicato in patria in cui rivelava di un presunto piano di Putin contro la Nato, donando un carico di mascherine nella fase acuta della pandemia.

Brescia. Chiede asilo politico all’Italia il giornalista dissidente russo Pavel Broska Semchuk che si è rifugiato in provincia di Brescia dopo essere finito sotto la lente dei servizi segreti russi, venendo sequestrato e torturato durante la fase acuta della pandemia.
La sua colpa sarebbe stata quella di avere svelato, in un articolo pubblicato in patria, un “piano” di intelligence del governo Putin contro la Nato, sfruttando un carico di mascherine da donare all’Italia attraverso una sedicente associazione culturale di Sebastopoli e dai veterani della Flotta del Mar Nero. Un progetto che non venne poi realizzato, ma se il nostro Paese avesse accettato la fornitura si sarebbe creata una situazione di attrito con l’Unione europea che aveva già varato sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea nel 2014.

Il giornalista russo chiede di poter realizzare un quotidiano per gli esuli russi e, anche, asilo politico per lui e per la sua famiglia, rimasta in Russia.
Pavel Broska Semchuk, al Messaggero, ha raccontato che i servizi segreti russi gli hanno «fatto cancellare l’articolo dal sito» ordinandogli di licenziarsi. Quindi, nottetempo, lo hanno prelevato dalla sua abitazione dopo averla messa a soqquadro alla ricerca di prove che dimostrassero che fosse una spia dell’ Europa, poi lo hanno portato in una località segreta dove è stato tenuto prigioniero per tre giorni, venendo picchiato a più riprese. Infine lo hanno abbandonato in strada.

Sugli aiuti della Russia all’Italia durante la pandemia si è acceso il faro del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che ha ascoltato Agostino Miozzo, Coordinatore pro tempore del Comitato tecnico scientifico e già direttore generale della Protezione Civile, sull’arrivo del contingente russo nel marzo-maggio 2020, inviato ufficialmente per prestare aiuto nella disinfezione di ospedali e Rsa a Brescia e a Bergamo, ma sulla cui effettiva presenza e finalità sono stati sollevati alcuni dubbi, ovvero che si trattasse, in realtà di un’operazione finalizzata a conoscere l’armamento Nato custodito in Italia, nelle basi di Ghedi, Aviano e Amendola.

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