Bracconieri bresciani in trasferta in Piemonte: 5 denunce

Il Nucleo Soarda dei carabinieri, nelle province di Vercelli e Biella, ha denunciato 5 cacciatori di Brescia per abbattimento di specie protette e utilizzo di richiami acustici vietati.

(red.) Da tempo nel bresciano non si parlava d’altro: affittare la “pianta” in Piemonte o ancor meglio “la pianta al laghetto”, che garantisce carnieri sicuri, soprattutto di specie protette e con l’utilizzo di vietatissimi richiami acustici.
Racconti che gli attivisti del Cabs e del Wwf Italia hanno raccolto da tempo e a cui stentavano a credere, motivo per il quale nel mese di ottobre e novembre, armati di binocoli e microfoni direzionali hanno iniziato a percorrere le strade che percorrono le risaie vercellesi e le prime colline del biellese, soprattutto le aree ricomprese trai i confini delle Aziende turistico venatorie scoprendo che la realtà superava i racconti.

In Piemonte, dove gli appostamenti fissi sono vietati, venivano censiti decine di capanni, alcuni da considerarsi fissi a tutti gli effetti (materiale di costruzione solido e preparazione del sito) altri appostamenti temporanei ma che dovrebbero essere rimossi per legge a fine giornata di caccia ed invece sono lasciati “fissi”, tutta la stagione, davanti alle famose piante.

bracconaggio Piemonte

Nel mirino dei cacciatori-bracconieri, come riferiscono dal Cabs, ci sono “allodola, tordo sassello, cesene, ma anche  specie protette: pispole, fringuelli, peppole, migliarini di palude”.
“Le migliaia di uccelli protetti abbattuti poi arrivano in Lombardia per alimentare il commercio illegale: una delle rotte principali di fauna protetta arriva in Val Camonica da cui provengono numerosi cacciatori “sparatutto” che frequentano le riserve”.

“Durante il monitoraggio abbiamo assistito ad uno spettacolo vergognoso, centinaia di spari. Non credevamo ai nostri occhi”, riferisce Cabs (Committee against bird slaughter).
“La raccolta di dati è iniziata nell’autunno del 2020: siamo partiti dalle campagne di Trino Vercellese scoprendo che l’utilizzo di richiami acustici era diffuso ovunque, macchine parcheggiate nei pressi delle principali vie di comunicazione, portelloni aperti e cacciatori appostati nei pressi delle vetture con richiami a palla”.
“La “malacaccia” alla lombarda o per meglio dire alla bresciana ha contagiato anche il Piemonte, una virus che sta corrompendo oramai l’intero paese”, affermano. “Le pratiche illegali paiono più diffuse e radicate soprattutto più a nord in alcune Aziende Agri Turistico Venatorie e si capisce perché la caccia, o meglio il bracconaggio, venga pubblicizzata paragonando quelle zone alla Romania, nazione tristemente famosa per il bracconaggio ai piccoli uccelli. Ma mentre in Romania negli ultimi anni le autorità stanno contrastando il bracconaggio, quasi sempre opera di cacciatori italiani, nelle province piemontesi di vigilanza sembra non esserci traccia”.

bracconaggio Piemonte

“In Piemonte”, viene spiegato, “la vigilanza venatoria volontaria è stata decimata dai regolamenti provinciali e forse si capisce il perché: le Afv e le Atv devono per legge garantire la vigilanza attraverso guardie dipendenti e viene da chiedersi come sia possibile che capanni abusivi, utilizzo di richiamo acustici e abbattimento di specie protette, siano diventate oramai un cult tra i caccia-bracconieri lombardi”.

“Il Nucleo Soarda dei Carabinieri Forestali (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in danno degli Animali ) in soli due giorni di attività antibracconaggio nelle province di Vercelli e Biella, sempre in aree ricadenti in Atv, ha denunciato 5 cacciatori provenienti dalla provincia di Brescia, per abbattimento di specie protette e particolarmente protette e utilizzo di richiami acustici vietati”. “Due cacciatori che stavano abbattendo soprattutto migliarini di palude riuscivano a dileguarsi prima dell’arrivo dei carabinieri, lasciando al capanno un sacco della pattumiera stracolmo di bossoli esplosi”.

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“Il Piano Nazionale Antibracconaggio, risposta dell’Italia alla procedura di infrazione dell’Unione Europea per il mancato rispetto della ‘Direttiva Uccelli’, impone azioni urgenti per bloccare il bracconaggio e ancora una volta non possiamo che ringraziare il Soarda dell’Arma dei Carabinieri per l’impegno encomiabile in difesa della fauna selvatica”, afferma il Cabs.
“Parte del Piemonte ha tutti i requisiti per diventare un nuovo Black Spot del bracconaggio, per diffusione e dimensione del fenomeno”.

“Chiediamo”, conclude il Cabs, “che gli organi di vigilanza locali intraprendano azioni per bloccare il bracconaggio, che è sotto gli occhi di tutti. Impossibile non sentire le centinaia di fucilate, il canto ripetitivo dei richiami acustici. Nelle Aziende Turistico Venatorie la Legge vale come nel resto d’Italia o forse i concessionari credono di essere in un Paese estero?”

Una vicenda che, secondo il Cabs, “dimostra ancora di più la necessità di un efficace implementazione del Piano Nazionale Antibracconaggio e di un inasprimento delle pene per i cacciatori che commettono reati. Il Black Spot del bracconaggio individuato nelle Prealpi bresciane e bergamasche è il più importante in Italia e sta “infettando” anche le regioni confinanti”.
“Il Cabs, conclude la nota, “invierà un dettagliato Report su quanto osservato anche alla Commissione europea: la procedura d’infrazione Eu-Pilot attivata dalla Commissione Europea per la drammatica situazione del bracconaggio nel nostro Paese è stata chiusa ma come recentemente affermato dalla Commissione stessa se si evidenzieranno criticità il procedimento sarà riaperto”.

 

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