Metodo mafioso, 14 arresti nell’ “Atto Finale”

Tra le vittime di usura anche un imprenditore e un professionista bresciani. Tre i fermi per sospetto riciclaggio: nelle abitazioni sequestrati 500mila euro in contanti.

(red.) Il lockdown aveva messo in crisi l’attività e l’imprenditore si era così rivolto agli strozzini per un prestito a cinque zeri. Ma le rate da pagare, sempre più onerose e ravvicinate non gli avevano permesso di rispettare le scadenze e così il clan mafioso era riuscito lentamente a penetrare nell’azienda, appropriandosene.

Si tratta di una delle storie emerse nel corso dell’indagine “Atto finale” messa a segno dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Brescia su un giro di usura aggravato dal metodo mafioso. Tra gli esponenti di spicco del gruppo di malviventi è finito in manette il 53enne Vincenzo Facchineri, calabrese di origine e residente a Cesano Boscone, ritenuto un esponente dell’omonima cosca e al vertice del gruppo ‘ndranghetista, tanto “da potersi fregiare della dote del Medaglione”, come hanno spiegato gli inquirenti. Tra gli arrestati anche  il cugino Giuseppe, il “Santista” Francesco Scullino e Salvatore Muià, a sua volta considerato “intraneo alla ’ndrangheta”.

Quattordici le persone arrestate all’alba di lunedì da Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia e 67 gli indagati, tra cui imprenditori locali che hanno usufruito di false fatture, quattro invece gli imprenditori vittime dello strozzinaggio.

Manette ai polsi anche a Massimiliano Bisci, Nicola Bonelli, al siciliano residente a Brescia Vincenzo Caia, Roberto Franzè, Florin Ionescu, Raffaele Maffettone, napoletano di nascita ma di casa nel Bresciano, al calabrese residente in provincia di Brescia Rocco Zerbonia, Giuseppe Gentile,  e a Stefano Bresciani nato e residente a Brescia. Domiciliari per Salvatore Carvelli e Leonardo Maria Maffettone.

carabinieri notte

Un’altra storia all’interno del filone d’indagine riguarda un libero professionista bresciano che, nel 2020, stanco delle minacce e delle richieste di denaro decide di denunciare i due strozzini che, presentatisi come intermediari  per sanare un debito di 50mila euro che il professionista bresciano aveva contratto con un imprenditore (estraneo alla vicenda), lo avevano poi costretto a versare interessi pari a 19,500 euro, oltre ai 45mila euro già consegnati dal bresciano.

Un altro filone dell’inchiesta ha appurato invece che un imprenditore bresciano, ora residente in Svizzera, per decenni (almeno a partire dagli anni Novanta) era finito nella rete di Facchineri, al quale si era rivolto per ottenere protezione da un socio che lo intimidiva attraverso un altro gruppo criminale. Una richiesta che però lo ha fatto precipitare in un girone infernale fatto di ricatti, richieste continue di denaro e favori da ricambiare, per un ammontare di 348mila euro.

Altre tre persone sono finite sotto indagine con l’accusa di riciclaggio perchè nelle perquisizioni domiciliari sono emersi centinaia di migliaia di euro in contanti. Si parla di una cifra attorno ai 500mila euro. Tra questi anche un commercialista bresciano che aveva nascosto 102mila euro in contanti in una lavatrice. Altri 100mila euro sono stati rinvenuti a casa di un disoccupato e 300mila nell’abitazione di un indiano. I fermi sono in attesa di convalida.

Per il procuratore capo di Brescia Francesco Prete “nel territorio è attiva una struttura di criminalità organizzata che si muove con riserva di violenza. Non usano violenza, ma usano altri metodi. Viene contestata l’aggravante mafiosa perché è sufficiente evocare il casato a cui si appartiene per vincere la resistenza della vittima”.

 

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