Blitz antimafia a Brescia, in manette titolare di pasticceria

Nella vasta operazione dei carabinieri messa a segno lunedì, in manette anche Francesco Candiloro, accusato di avere ucciso il fratello di un collaboratore di giustizia.

(red.) I tentacoli della mafia si sono insinuati, se non radicati, anche nel bresciano come dimostra il blitz del Ros dei carabinieri avvenuto lunedì mattina in diverse province del Nord Italia e in Calabria per azzerare un gruppo criminale che avrebbe detenuto armi da guerra finalizzate ad uccidere il presunto responsabile dell’omicidio avvenuto il 25 dicembre 2018 a Pesaro e in cui venne ucciso Marcello Bruzzese (fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio).

Nel commando che stava preparando l’agguato anche Francesco Candiloro, 42, siciliano da un paio di decenni residente nel bresciano, sposato e padre di due figli e socio di una rinomata pasticceria in città (estranea alla vicenda). 

Secondo gli inquirenti Candiloro, residente ad Ancona, sarebbe, insieme ad altri due complici, l’esecutore materiale dell’omicidio, effettuato scaricando addosso a Bruzzese un intero caricatore.

I fermi sono stati eseguiti a Vibo Valentia, uno in provincia di Reggio Calabria e l’altro ad Ancona.  In manette sono finiti anche  Michelangelo Tripodi, 43 anni, e Rocco Versace, 54 anni. Marcello Bruzzese risiedeva a Pesaro, la città che sarebbe dovuta essere la località protetta poiché fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese, già organico alla cosca “Crea” di Rizziconi e dalla quale si era dissociato nel 2003 dopo aver attentato alla vita del Teodoro Crea, capo dell’omonima, nell’ottobre dello stesso anno.

Sgomento e sconcerto, a Brescia, da parte del contitolare dell’attività di cui Candiloro era socio di minoranza. Il 42enne, che non aveva precedenti, gestiva il locale che dà lavoro ad una ventina di dipendenti.

Candiloro si è avvalso della facoltà di non rispondere nell’udienza di convalida dell’arresto davanti al gip. E’ accusato di omicidio volontario e, anche, di ricettazione e detenzione di armi comuni e da guerra.

Le indagini, durate quasi tre anni, hanno condotto alla identificazione dei tre soggetti quali organizzatori ed esecutori materiali del delitto, permettendo di ricostruire le varie fasi in cui il progetto omicidiario è stato portato a compimento. Le verifiche condotte hanno accertato come nei giorni precedenti all’omicidio gli indiziati avevano condotto minuziosi e ripetuti sopralluoghi per studiare le abitudini della vittima, servendosi, in queste circostanze, di documenti falsi e di una serie di accorgimenti utili a impedire la propria identificazione come le targhe contraffatte.

Il monitoraggio riguardava anche i fratelli di Marcello Bruzzese, che a loro volta risiedevano in altre località protette. Li avevano contattati, infatti, con degli account web fasulli. Dalle indagini è emersa la grande capacità di intimidazione della cosca Crea di Rizziconi (la vittima si era dissociata nel 2003), i tempi lunghi di attesa per avere vendetta, in un territorio lontano come quello pesarese.

La cosca, secondo quanto ricostruito nel provvedimento di fermo, era entrata in possesso di armi da guerra per portare a compimento un attentato come vendetta dopo la sentenza di condanna emessa il 12 dicembre del 2020 dalla Corte di appello di Reggio Calabria a carico di Teodoro, Giuseppe e Antonio Crea.

In manette, come disposto dalla Procura di Brescia anche Vincenzo La Rosa, residente a Taurianova, Giuseppe Zappia, di casa a Nuvolera e Gianenrico Formosa, bresciano 50enne di Flero.

 

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