Sirmione, stalking: nei guai ex comandante della Locale

L'agente, ora sospeso dal servizio, avrebbe molestato la ex fidanzata, spiandola con un registratore nascosto in casa ed arrivando anche a minacciarla di morte.

(red.) Centinaia di chiamate e messaggi, una vera e propria persecuzione quella messa in atto dal comandante della polizia locale di Sirmione (Brescia) nei confronti della donna con cui aveva avuto, qualche tempo prima, una relazione sentimentale. Lo riferisce Il Giornale di Brescia.

L’uomo è stato sospeso dal servizio e condannato dalla Procura di Brescia per stalking, porto abusivo d’arma (la pistola di servizio sarebbe stata portata fuori dal Comune di Sirmione) ed interferenze illecita nella vita privata, poichè l’agente avrebbe installato, di nascosto, un registratore nell’abitazione della ex fidanzata, così da poterne carpire i movimenti e le azioni.
A causa di questo suo comportamento, la donna, dipendente comunale nel paese gardesano, si è poi trasferita altrove.

Una gelosia assillante, che avrebbe portato il poliziotto a tempestare la ex di sms e telefonate, fino ad oltre 500 volte in un mese.

Il capo dei vigili non si sarebbe fermato nemmeno dopo l’ammonimento informale ricevuto a giugno davanti al Pm a seguito dell’episodio avvenuto il
1 maggio scorso quando il 50enne (ancora in servizio alla Locale) si sarebbe presentato a casa della ex compagna con la pistola d’ordinanza, carica con due proiettili,  “con il chiaro intento omicidiario-suicidiario, non riuscendo nell’intento grazie alla presenza della figlia della donna e dei vicini”, scrive nel dispositivo il magistrato. Il gesto era stato preceduto da minacce telefoniche nelle quali l’uomo annunciava il suo proposito.

Dopo questo fatto gli è stata sequestrata l’arma, anche se l’ex comandante dei vigili ha sempre dichiarato di non avere con sè la pistola e che il registratore occultato a casa della donna era stato posizionato per registrare i litigi che avvenivano tra i due.

L’ex agente, assistito dall’avvocato Luca Broli, avrà ora venti giorni per decidere se sottoporsi ad un interrogatorio o per depositare una memoria scritta.

 

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