Caso Amara, indagato a Brescia anche Greco

Dopo il suo ex compagno di 'squadra' ai tempi di Mani Pulite, Piercamillo Davigo, il procuratore capo di Milano viene accusato di "omissione di atti d'ufficio".

(red.) I verbali dell’avvocato Piero Amara su una presunta loggia Ungheria mettono nei guai anche il Procuratore di Milano Francesco Greco.
Dopo il suo ex compagno di ‘squadra’ ai tempi di Mani Pulite, Piercamillo Davigo, anche lui è ora indagato a Brescia.

Non avrebbe avviato tempestivamente le indagini in seguito alle dichiarazioni rese nel dicembre del 2019 dal legale siciliano, interrogato per la vicenda del cosiddetto complotto Eni, su una fantomatica associazione segreta in grado di condizionare nomine in magistratura e in incarichi pubblici. Indagini poi aperte, solo 5 mesi dopo, con le iscrizioni il 12 maggio di Amara, del suo collaboratore Alessandro Ferraro e dell’ex socio Giuseppe Calafiore.

La notizia dell’avvio del procedimento, come atto dovuto nei confronti anche di Greco, è trapelata a seguito della comunicazione, avvenuta una ventina di giorni fa, da parte della procura bresciana al Csm, al pg della Cassazione Giovanni Salvi e al ministero della Giustizia per gli eventuali profili disciplinari.

Il reato che il suo collega Francesco Prete e il pm Donato Greco gli hanno contestato è l’omissione d’atti d’ufficio (art. 328 del codice penale, 1° comma). Ipotesi formulata dopo che uno dei suoi sostituti, Paolo Storari, che invece risponde come Davigo di rivelazione del segreto di ufficio, ha denunciato di aver chiesto ripetutamente a Greco e all’aggiunto Laura Pedio di procedere velocemente con le iscrizioni e gli accertamenti. Richiesta per mesi rimasta inascoltata, e che mirava a verificare l’attendibilità o meno dei racconti dell’ex legale esterno del ‘Cane a Sei Zampe’ su cui aveva dubbi, per poi, eventualmente, procedere per calunnia. Un silenzio che, già un anno prima che la bufera che ha investito la magistratura milanese passasse alla ribalte delle cronache giudiziarie, ha spinto Storari a consegnare a Davigo, allora ancora consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, quei verbali così scottanti, convinto dell’apertura di una pratica che lo tutelasse dall’inerzia, a suo dire, dei suoi capi.

Proprio per questa parte dell’intricata vicenda che sta scuotendo il Palazzo di Giustizia di Milano (sono indagati a Brescia anche De Pasquale e Spadaro per la gestione di Vincenzo Armanna nel processo Eni-Nigeria) il pg Salvi ha proposto il trasferimento cautelare d’urgenza e il cambio di funzioni per Storari. Cosi nel pomeriggio, a Palazzo dei Marescialli, Storari si è difeso prendendo la parola davanti alla sezione disciplinare.

Il pg ha chiesto di cacciarlo da Milano per tre incolpazioni, tra cui quella principale di aver “divulgato i verbali” di Amara violando il segreto d’ufficio. E ha sostenuto che la sua richiesta si basa sulla “perdita di fiducia” nei rapporti col procuratore, sulla gravità delle condotte con “pregiudizio al buon andamento dell’amministrazione della giustizia” e serve a “garantire” la “serenità di tutti i magistrati del distretto milanese”.

Storari, però, ha portato al Csm, un’articolata memoria con molti allegati, tra cui i tanti messaggi di solidarietà che gli sono arrivati e la lettera di sostegno firmata da oltre 230 toghe milanesi, gran parte pubblici ministeri, che hanno voluto far sapere che “la loro serenità non è turbata dalla permanenza del collega”. E ha ribadito con mail e documenti la sua denuncia dello stop imposto da Greco alle indagini su Amara spiegando inoltre che mai si sarebbe immaginato che la segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto (indagata a Roma), li avesse recapitati ad alcuni giornalisti. L’udienza è stata aggiornata al 3 agosto per l’intervento del legale del pubblico ministero, l’avvocato Paolo Della Sala.

 

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