Corruzione, maresciallo della Finanza in manette

Avrebbe preso del denaro da un imprenditore bresciano, attraverso un faccendiere, per dare informazioni su un'indagine per riciclaggio di denaro.

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    (red.) La Guardia di Finanza e la Polizia di Stato di Brescia, diretti e coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione, nelle prime ore della mattinata odierna, ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di
    Brescia, nei confronti di un imprenditore bresciano, di un professionista e di un militare della Guardia di Finanza per il reato di corruzione.
    E’ stata la stessa Guardia di Finanza ad investigare sul collega e ad arrestarlo questa
    mattina. Le indagini hanno rilevato, infatti, l’esistenza di un accordo corruttivo tra un imprenditore bresciano, già indagato nell’ambito di altro procedimento penale, un “faccendiere” (svolgente il ruolo di intermediario tra “corruttore” e “corrotto”) e un Ispettore della Guardia di Finanza. 

    Più nel dettaglio, l’accordo illecito era finalizzato ad attivare il Maresciallo, già indagato da
    luglio scorso e non più operativo da allora, a fronte della promessa di denaro, al fine di
    ottenere l’indebita acquisizione di informazioni soggette a segreto investigativo.
    Negli intendimenti degli indagati, la posizione del Maresciallo quale “interno” alla Guardia
    di Finanza, pur non essendo direttamente coinvolto nell’attività investigativa a carico
    dell’imprenditore, avrebbe potuto consentire di acquisire informazioni riservate su indagini riguardanti ipotesi di riciclaggio di somme di denaro, in parte costituite da pagamenti effettuati dalla Prefettura, a fronte dell’accoglienza di migranti richiedenti asilo accolti in strutture di questa provincia. 

    Queste ultime sono state condotte, congiuntamente, dai poliziotti della Squadra Mobile
    bresciana e dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria. Sono stati gli stessi Finanzieri che indagavano l’imprenditore ad accorgersi dei comportamenti anomali del collega.
    Da qui la scoperta dell’illecito. L’attività di indagine ha così garantito la trasparenza e l’imparzialità dell’operato della Pubblica Amministrazione, consentendo di reprimere le condotte illecite poste in essere da funzionari infedeli e da imprenditori disonesti.

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