Giovane arrestato per Isis e tutti i legami con Brescia

Il 23enne Elmahdi Halili fermato a Torino era già stato condannato nella nostra provincia. Poi si era messo in contatto anche con altri passati da Brescia.

(red.) Brescia si è scoperta ancora come terra di crocevia per terroristi e aspiranti che si sono legati all’Isis. E’ questo quanto emerge dall’operazione eseguita mercoledì 28 marzo in provincia di Torino nei confronti del 23enne italo-marocchino Elmahdi Halili. L’operazione – si legge in una nota della Polizia di Stato – contro l’estremismo islamico da parte della Digos di Torino in collaborazione con il Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno e gli uffici di polizia di Milano, Napoli, Modena, Bergamo e Reggio Emilia, ha portato all’arresto del naturalizzato italiano, per partecipazione all’associazione terroristica Isis. Con lui, sono finiti nella rete degli investigatori altri stranieri e italiani convertiti all’islamismo, appartenenti agli ambienti dell’estremismo islamico del nord Italia, attivamente impegnati in una campagna di radicalizzazione e proselitismo condotta soprattutto sul web, nei cui confronti sono state eseguite perquisizioni domiciliari e personali.

L’indagine della Polizia di Stato nasce a fine 2015, quando il giovane era stato già oggetto di una sentenza di patteggiamento, emessa dal tribunale di Torino alla pena di due anni di reclusione con sospensione condizionale per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo, avendo redatto e pubblicato sul web alcuni documenti di esaltazione dello Stato Islamico. Durante l’attività investigativa veniva evidenziato un crescente percorso di radicalizzazione del giovane che, nonostante la condanna, aveva addirittura intensificato la sua attività di proselitismo e indottrinamento attraverso il reperimento, la consultazione su diverse piattaforme multimediali di vario materiale di propaganda e inneggiante al Jihad prodotto dal Daesh. Tra il materiale confluito negli atti d’indagine ci sono diversi filmati riproducenti le gesta dei mujaheddin in Siria ed Iraq, le cruente esecuzioni operate nei confronti di civili e militari e le rivendicazioni degli attentati di Parigi e Bruxelles.

Proprio in occasione della diffusione della notizia della morte di Al Adnani – continua la nota – l’arrestato aveva creato e pubblicato su una piattaforma social ad accesso pubblico tre playlist con i messaggi più famosi del defunto portavoce dello Stato Islamico tra cui quello diffuso nel settembre 2014 che impartiva l’ordine di scatenare la campagna del terrore in Europa che ha portato alle stragi compiute a partire dal gennaio 2015. Inoltre il giovane per la sua attività di proselitismo traduceva in italiano il materiale jihadista acquisito sul web in lingua araba o inglese. Grazie all’utilizzo dei social network era poi riuscito ad attrarre nella sua sfera di influenza altri navigatori, in particolare italiani convertiti all’islam e giovani immigrati di seconda generazione. L’arrestato aveva avuto anche contatti con due aspiranti foreign fighters arrestati nel 2016 in esecuzione di misure cautelari emesse dall’autorità giudiziaria di Milano per associazione con finalità di terrorismo.

Nel periodo finale delle indagini l’attività del giovane si era in particolare focalizzata sulla rivista online “Rumiyah”, contenente le istruzioni operative per i guerriglieri del Califfato in Occidente su come effettuare attacchi terroristici utilizzando autocarri, autoveicoli o coltelli. I due aspiranti foreign fighters, come poi è stato ricostruito, sono Abderrahim Moutaharrik e Abderrahmine Khachia già arrestati nell’aprile del 2016 dopo un’inchiesta della procura di Milano per associazione a delinquere con finalità di terrorismo. Con loro Halili era venuto a contatto dopo l’arresto riportato a Brescia. “Siamo intervenuti subito – ha detto il questore di Torino Francesco Messina presentando il risultato dell’operazione – e immediatamente per eliminare questa minaccia: Halili poteva compiere dei delitti.

C’è stata un’escalation nel suo percorso, passando dall’auto indottrinamento al cercare e contattare soggetti e lupi solitari per compiere atti terroristici e stava anche studiando come usare il coltello e come preparare il camion per attentati”. Il giovane è finito in manette nella casa torinese di Lanza dove abitava con la famiglia. Stando agli investigatori della Digos di Torino, dopo essere stato condannato a Brescia si sarebbe messo in contatto con quattro italiani convertiti all’Islam, compreso Luca Aleotti di Reggio Emilia che era già finito nei guai per terrorismo e che a febbraio aveva concluso di scontare la pena di sorveglianza.

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