Delitto Frank, ancora tanti dubbi

Si cerca chi ha dato il fucile con cui sono stati uccisi Seramondi e la moglie e si continua a indagare sui 140 mila euro di assegni mai incassati.

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da-frank-pizzeria-mandolossa(red.) Vanno avanti sul fronte economico e del delitto le indagini sul doppio omicidio di martedì 11 agosto dei coniugi Francesco Seramondi e della moglie Giovanna Ferrari, titolari della pasticceria pizzeria “Da Frank” di Brescia. Come riferiscono fonti locali vicino agli inquirenti, lunedì 24 agosto la procura è stata teatro di una riunione tra il capo della squadra Mobile Giuseppe Schettino, il procuratore capo Tommaso Buonanno e il pubblico ministero Valeria Bolici. Al centro ci sono stati gli ultimi sviluppi che sarebbero emersi nel fine settimana a proposito del doppio delitto.
Da una parte si sta cercando chi avrebbe dato il fucile a canne mozze a Muhammad Adnan, il pachistano che ha effettivamente sparato uccidendo i due nella loro casa di via Valsaviore. Così come la pistola che nei primi giorni di luglio aveva ferito il dipendente Arban Corri. Dall’altra si stanno approfondendo i collegamenti dei due coniugi, mentre la Guardia di Finanza sta verificando la provenienza dei 850 mila euro trovati tra la stessa abitazione teatro del delitto, la casa del figlio e di tre dipendenti. Secondo fonti giudiziarie, potrebbero volerci due mesi prima che si possa ricostruire la trama del denaro.
Per esempio, si vuole capire perché “Frank” non abbia incassato 140 mila euro di assegni per la vendita dell’attività. Intanto il legale di Singh, presunto complice nel duplice delitto, potrebbe chiedere di far liberare il suo assistito. Secondo il pachistano Adnan, sarebbe stato proprio Singh a sparare ad Arban Corri a luglio, ma lo stesso nega questa versione. Si continua così a indagare anche nel cremonese, dove è stato rubato il fucile per il delitto, anche se di provenienza sconosciuta.

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