Manerbio, sit-in antisfratto: sei denunce

In ottobre, i militanti di “Diritti per tutti” si opposero allo sgombero: ci furono scontri con le forze dell’ordine. Avviso di garanzia per alcuni manifestanti.

(red.) Brescia e provincia il martello della crisi ha colpito duro e, a dimostrarlo, c’è anche una lunga teoria di picchetti antisfratto che da circa tre anni toccano la città e la provincia.
Tra i tanti casi di questo tipo, quello di Manerbio è certamente stato tra i più concitati e carichi di tensione. Prima, il 21 settembre, l’occupazione del Municipio, poi, il 26 ottobre, gli scontri veri e propri in via Cremona. Oggetto della contesa lo sfratto ai danni di una famiglia di origini marocchine. Alla fine lo sfratto non fu eseguito e la famiglia di Allal Barturi passò dall’abitazione dov’era in affitto ad un alloggio comunale a canone sociale, con l’impiego dell’ex operaio, licenziato a causa della crisi economica, di effettuare alcuni interventi di manutenzione.
La bagarre di quella mattinata di fine ottobre ha avuto strascichi giudiziari pesanti che si abbattuto proprio in questi giorni su sei attivisti e attiviste del “Comitato provinciale contro gli sfratti”, che organizzò la mobilitazione.
A cinque mesi dal picchetto, i carabinieri den nucleo informativo di dell’Arma hanno notificato sei avvisi di garanzia a carico di altrettanti aderenti al Comitato, che fa riferimento all’associazione “Diritti per tutti” di Brescia. Tre sono cittadini italiani: un 58enne che abita in città, oltre a una 37enne e un 73enne, residenti a Manerbio. Gli altri tre denunciati sono di nazionalità marocchina e residenti in provincia: un 32enne di Calvisano, un 39enne di Sarezzo e un 43enne di Borgosatollo. Le accuse sono resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, danneggiamento, rifiuto di indicazione sulla propria identità e riunione non autorizzata.
I fatti contestati riguardano il sit-in di via Cremona, dove, il 26 ottobre, era in programma lo sfratto. Dall’esterno, la tensione si era ben presto trasferita sotto la palazzina. Alla fine, a terra, erano rimasti i vetri della porta d’ingresso delle scale. Negli scontri, secondo quanto riportato da fonti dell’Arma, due carabinieri e due agenti della Polizia locale hanno riportato lievi lesioni.
Sul fronte opposto, un attivista del Comitato finì al pronto soccorso con una prognosi di 30 giorni, mentre altri presidianti lamentarono contusioni.
Come ha raccontato Claudio Taccoli, del Comitato, da parte dei manifestanti non ci fu nessuna violenza e, al loro arrivo, la porta era già in frantumi e gli agenti schierati. Taccoli ha ricordato una situazione concitata, con sei persone (fra cui tre minori) barricate in casa. Urla e disperazione di chi, dopo il lavoro, stava perdendo anche la casa. Taccoli ha inoltre sottolineato che senza la mobilitazione l’unica alternativa per la famiglia di Allal Barturi sarebbe stata la strada.

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