Una ditta bresciana nella vicenda “camici sporchi”

Un'azienda di Brescia che produce dispositivi medici è finita nell'inchiesta della Procura di Modena che ha portato all'arresto di nove cardiologi.

(red.) Coinvolge (in modo indiretto) anche Brescia l’inchiesta “Camici sporchi” condotta dai Nas di Parma e che ha portato all’arresto di nove cardiologi del Policlinico di Modena, i quali avrebbero impiantato stent difettosi senza il marchio Ce ai loro pazienti.
I dispositivi medici sono prodotti da 12 ditte, di cui una con sede a Brescia. Altre 5 cinque le ditte italiane coinvolte (una con sede a Genova e una a Milano) altre sei hanno sede all’estero (due sono in Usa, una in Belgio, una in Polonia, una in Germania, una in Irlanda).
Il capitano del Nas di Parma, Angelo Balletta, ha spiegato che dei nove medici arrestati “solo quattro sono stati prelevati a Modena, uno lavorava in una struttura sanitaria della Provincia di Bergamo e altri quattro in strutture pubbliche di Roma”.
L’indagine, condotta dai Nas di Parma e coordinata dalla Procura di Modena, ha portato alla scoperta di una organizzazione composta da cardiologi e rappresentanti di ditte fornitrici di attrezzature mediche coinvolti in un giro di corruzione.
L’inchiesta è partita a febbraio 2011 dopo un esposto dell’associazione “Amici del cuore”  guidata da Giovanni Spinella, che consegnò alla Procura e alla Regione una cartella con numerosi casi di decessi sospetti, legati in particolare all’attività dell’unità di emodinamica. Dopo un’indagine interna, a marzo 2011 la Regione chiese al Policlinico di prendere provvedimenti urgenti, sospendendo alcune attività di sperimentazione. Alcuni mesi dopo, la direzione ha sospeso dall’incarico di direttrice della Cardiologia, la professoressa Maria Grazia Modena, arrestata e mandata ai domiciliari.
E’ così emerso che ad ignari pazienti venivano impiantati dispositivi medici (stent, palloncini medicali per angioplastica) in fase sperimentale, per testarne la validità. “I pazienti”, come ha spiegato il capitano dei Nas, “si ritrovavano coinvolti in una sperimentazione clinica senza esserne a conoscenza. E senza quindi aver firmato il consenso informato”.

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