Adro, dallo stagno nessun elemento utile

I cani molecolari avevano condotto gli inquirenti a Nigoline, presso una risorgiva che è stata svuotata. La firma dell'assassino di Franco Bertola non era nell'acqua.

(red.) E’ ancora buio fitto sul giallo di Adro (Brescia), sulla tragica morte di Franco Bertola, il 62enne agricoltore ucciso lunedì scorso a colpi di roncola e di motosega nella sua cascina di via Valli.
Svuotata con le idrovore dai vigili del fuoco la risorgiva di Nigoline di Corte Franca, dove gli investigatori dell’Arma pensavano di trovare qualche indizio utile alla ricostruzione dell’efferato omicidio, condotti in quel luogo dai cani molecolari, le indagini ripartono scandagliando a fondo la vita della vittima.
La firma dell’assassino non era scritta nell’acqua, dunque, e ora si riprende a indagare sulla terraferma.
Il materiale sequestrato nella casetta degli attrezzi di via Valli è stato inviato a i Ris di Parma e da quegli elementi, dagli abiti e dalle due armi utilizzate per uccidere, potrebbero ora emergere elementi utili alla ricostruzione della tragedia, che ha lasciato attonito un intero paese e chi conosceva il 62enne, descritto come un grande lavoratore, solitario e riservato.
L’uomo divideva l’azienda agricola con il fratello Beppe, come lui celibe e senza figli, che lunedì mattina, dopo essersi recato alle 7 al bar a fare colazione, al rientro si è trovato davanti la terribile scena, insieme con l’altro fratello, Natale, giunto per primo sul luogo del delitto.
Secondo quanto emerso, la vittima avrebbe dovuto prendere l’autobus per Rovato dove aveva appuntamento con un consulente per la dichiarazione dei redditi. Appuntamento al quale non si è mai presentato.
Dall’autopsia eseguita sul corpo del contadino è emerso che l’assassino (o gli assassini) hanno agito con brutalità: Franco Bertola è stato prima colpito alla testa varie volte con la lama di una roncola, quindi ferito al braccio sinistro con la motosega e poi quasi decapitato dall’attrezzo agricolo elettrico.

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