Maddalena, accuse incrociate tra gli indagati

Rimpallo di responsabilità tra i due fermati per l'omicidio dei due imprenditori macedoni. Saravini: "Il denaro? Era una parcella per il mio lavoro di intermediazione nell'affare".

(red.) E’ un rimpallo di responsabilità quello che si gioca fra le persone arrestate con l’accusa di essere gli autori dell’omicidio dei due imprenditori macedoni sul monte Maddalena a Brescia.
Gli indagati Luca Cerubini, 37enne ex appuntato dei carabinieri, e il parmense Daniele Saravini, ex agente di polizia, si difendono dalla pesantissima imputazione ciascuno a suo modo: il primo addossando la colpa materiale dell’assassinio ad una terza persona, un buttafuori di Torbole Casaglia, attualmente ricercato in Tunisia, assoldato per intimidire i due uomini d’affari che, vittime di un colossale raggiro, pretendevano la restituzione del denaro anticipato per finanziare un progetto commerciale, il secondo respingendo ogni addebito.
Sarebbe stato, secondo la deposizione di Cerubinidurante l’interrogatorio di garanzia, proprio il 33enne ex poliziotto a chiedere all’ex carabiniere, da lui ingaggiato come guardia spalla dopo le minacce rivoltegli da due stranieri che avevano scoperto di essere stati truffati per oltre 800mila euro, un aiuto per “dare una lezione” a Uzunov e Salija. Cerubini poi avrebbe contattato il body guard che, dietro un compenso di 10mila euro avrebbe accettato di effettuare l’incarico.
Poi, una volta condotti i due uomini d’affari macedoni sulla Maddalena, l’epilogo imprevisto: il misterioso buttafuori avrebbe sparato e ucciso, senza che l’ex appuntato potesse impedirlo.
A Reggio Emilia, invece, dove Saravini si trova detenuto, emergerebbe un’altra versione dei fatti: L’ex poliziotto e sedicente finanziatore, avrebbe detto che il rapporto di lavoro con Cerubini si sarebbe interrotto prima di quel fatidico 23 giugno, adducendo motivi familiari che gli avrebbero impedito di effettuare viaggi frequenti come in passato quando la presenza del 37enne bresciano gli forniva invece un’indispensabile protezione.
Tuttavia gli elementi in mano agli inquirenti sconfesserebbero le parole della “mente” del colossale imbroglio, Saravini, nel quale, tra l’altro, sarebbero coinvolte altre tre persone, due uomini e duna donna, per ora solo indagati per truffa. In particolare, la presenza nella casa di Scurano dell’ex agente dei passaporti delle due vittime.
Il 33enne parmigiano ha dichiarato al giudice che questi documenti sarebbero stati introdotti a sua insaputa, mentre i 400mila euro versati dagli imprenditori macedoni sarebbero stati invece il pagamento della sua intermediazione per il finanziamento da 26 milioni euro finalizzato alla realizzazione del centro commerciale a Skopje.
Non solo, Saravini ha dichiarato che i due macedoni,  trattativa avviata e con il finanziamento già disponibile, si sarebbero ritirati dall’affare pretendendo la restituzione dei 400mila euro e iniziando a minacciare pesantemente il 33enne.
Il giudice reggiano Angela Baraldi si è riservato la decisione sulla convalida, mentre a Brescia, il giudice Luciano Ambrosoli, ha deciso per la non convalida del fermo di Cerubini, per il quale però è stata disposta la custodia cautelare in carcere.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.