Assessori incastrati da un rogo

L'inchiesta da un incendio doloso in un deposito edile di Tassone a Lumezzane.


(red.) Da un'indagine su un incendio doloso
che nel gennaio scorso ha distrutto un capannone a Lumezzane, è nata
l'inchiesta che mercoledì ha portato all'arresto di quattro persone, nel Bresciano, per corruzione. Tra di loro, anche due assessori leghisti.
In carcere sono finiti Mauro Galeazzi,
assessore ai lavori pubblici di Castelmella, Marco Rigosa, assessore ai lavori
pubblici a Rodengo Saiano (comune del tutto estraneo alla vicenda) e capufficio
tecnico a Castelmella, il geometra Andrea Piva di Rodengo Saiano e
l'imprenditore Antonio Tassone di Lumezzane.
Proprio un capannone del figlio di Tassone venne incendiato dolosamente nei
mesi scorsi e i carabinieri, ipotizzando una possibile estorsione, misero sotto
controllo i cellulari delle vittime. Si scoprì così che Antonio Tassone era
interessato alla realizzazione di un centro commerciale a Castelmella. Il suo
uomo di fiducia è risultato essere il geometra Andrea Piva che, secondo quanto
emerso dalle indagini, si sarebbe attivato con Marco Rigosa per accelerare le
pratiche finalizzate al cambio di destinazione d'uso del terreno dove sarebbe
poi dovuto sorgere il centro. Si tratta infatti di un terreno sottoposto a un
vincolo paesaggistico-ambientale.
Tassone l'aveva già opzionato attraverso
la stesura di un contratto preliminare, ma dalle indagini è emerso che era
interessato ad accelerare l'iter per poi poter dare il via all'opera.
Secondo i carabinieri, si è attivato attraverso Piva per ''ammorbidire i
controlli di coloro che erano chiamati a occuparsi dei necessari accertamenti,
in particolare, la commissione paesaggistica di Castelmella''. Ma sempre
secondo gli investigatori, si trattava anche di attivarsi affinchè non vi
fossero intoppi nell'iter per avere il nulla osta paesaggistico della
sovrintendenza ai beni ambientali di Brescia.
Per tutto ciò quindi, Tassone avrebbe pattuito il pagamento di 22mila euro, dei
quali 12mila dati alla società del geometra e 10mila, in contanti, consegnati
direttamente a Piva, che poi li avrebbe dati a Rigosa. In quanto a Galeazzi,
non risulterebbe aver ricevuto direttamente il denaro, ma secondo gli elementi raccolti
dagli investigatori sarebbe possibile affermare che parte di quanto ottenuto da
Rigosa fosse destinato all'assessore di Castelmella.
La convinzione scaturisce
tra l'altro dal fatto che Galeazzi ha partecipato a tutte le fasi di adozione
del Piano Attuativo 13, che riguarda i territori interessati. Ma ci sono
riferimenti all'assessore anche nelle intercettazioni. Galeazzi, infine, deve
anche rispondere di peculato, poichè nella sua veste di pubblico ufficiale,
aveva nella sua disponibilità un cellulare di servizio, intestato alla
Provincia di Brescia, con cui aveva fatto centinaia di telefonate a fini
esclusivamente privati.
Sulla vicenda
è intervenuto
anche l'assessore
leghista della Provincia,Giorgio Prandelli, che ha tra i suoi collaboratori
proprio Mauro Galeazzi.
L’assessore in Broletto ha dichiarato piena fiducia nella giustizia e ha
dichiarato che il suo portaborse “ha sempre svolto il suo lavoro in modo
trasparente e regolare”.
L'avvocato Giambattista Bellitti, legale di Galeazzi, ha incontrato
brevemente il proprio assistito, il quale gli ha detto ''di essere
estraneo ad ogni accusa''.
Particolarmente colpito dall'arresto dell'assessore
e del capufficio tecnico anche il sindaco di Castel Mella Ettore Aliparandi:
''Rispetto la magistratura, ma sono convinto che dimostrerà la sua innocenza''.
Intanto, entrambi gli assessori sono stati sospesi dal loro partito. Davide
Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, ha spiegato che
''nella Lega reati di questo genere non sono ipotizzabili. E' automatico che
chi viene accusato di corruzione deve prima di tutto togliere dall'imbarazzo il
movimento e poi, se ha sbagliato”, ha concluso, “deve pagare''.
Si attendono ora gli interrogatori di garanzia, che dovrebbero aver luogo venerdì.