Confisca da 50mln di euro a un bresciano

Stefano Raccagni, 36enne di Pontoglio è in Thailandia. Nel suo patrimonio 97 immobili e 9 terreni. Era già stato coinvolto in un traffico di permessi di soggiorno.

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(red.) Case, terreni, alberghi, Ferrari e altre auto di grossa cilindrata per un valore di 60 milioni di euro che vengono incamerati dallo Stato dopo la confisca.
E’ il risultato di mesi di indagini dei carabinieri di Milano che hanno messo i sigilli al patrimonio di tre persone dopo una decisione della Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano.
Il patrimonio più ingente è stato sequestrato a Stefano Raccagni, 36 anni, attualmente in Thailandia, coinvolto nel 2009 in un’operazione che portò all’arresto di una decina di persone per un traffico di permessi di soggiorno che vedeva implicato anche Enrico Cilio, cognato del banchiere Michele Sindona, morto di recente.
A Raccagni, bresciano, originario di Chiari, ma residente a Pontoglio, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare per la vicenda dei falsi permessi di soggiorno, sono stati sequestrati 50 milioni di euro in 97 unità immobiliari, nove terreni tra Milano, Brescia, Bergamo, Pavia e Rimini.
Un altro provvedimento è stato emesso nei confronti di Giuseppe Pensabene, 45 anni, che fu coinvolto nell’operazione Infinito che decapitò i vertici della ‘ndrangheta in Lombardia ma la cui posizione è stata archiviata.
Il provvedimento della Sezione misure di prevenzione prescinde dal fatto che sia indagato ma è preso sulla scorta della valutazione della ”pericolosità sociale” della persona. A Pensabene e a Domenico Punturiero, 49 anni, ex suo socio in affari, sono stati sequestrati altri 16 milioni di euro. Pensabene possedeva anche due Ferrari, una California e una F430.
I due furono coinvolti in un’operazione della Guardia di Finanza relativa al fallimento, nel 2006 di una storica concessionaria milanese di auto, la Vecam. Furono arrestati con altre tre persone perché si erano fatti consegnare da centinaia di persone l’anticipo per l’acquisto di auto a prezzi concorrenziali. Poi, però erano spariti e gli acquirenti non avevano avuto l’auto nè restituiti i loro soldi.
La confisca dei beni non è una buona notizia per le banche che, negli anni, hanno finanziato i tre nelle loro attività imprenditoriali. Il giudice, nel disporre la confisca, ha spiegato che la concessione dei finanziamenti è avvenuta in modo disinvolto. Gli istituti di credito, quindi, dovranno rinunciare a recuperare i loro soldi rifacendosi sul patrimonio dei tre.

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