Mario Albanese: “Mi sentivo escluso”

Così avrebbe detto al suo legale il camionista barese che domenica ha ucciso quattro persone a San Polo. Questo martedì l'interrogatorio davanti al gip.

(red.) Che cosa ha armato la mano di Mario Albanese, il camionista 34enne che domenica mattina ha ucciso a Brescia l’ex moglie Francesca Alleruzzo, il nuovo compagno della donna Vito Macadino, la figlia maggiore (avuta dalla 45enne da un precedente matrimonio) Chiara Matalone e Domenico Tortorici, il fidanzatino della ragazza, entrambi 19enni?
Quale pensiero, tormento folle ha scavato nella testa dell’uomo portandolo a compiere un gesto così incommensurabile? Albanese dovrà spiegarlo, questo martedì nell’interrogatorio di garanzia fissato davanti al gip, nello stesso momento in cui, all’istituto di Medicina legale dell’ospedale Civile verranno eseguite le autopsie sui quattro cadaveri.
Intanto, da quanto è emerso, l’uomo avrebbe sommariamente spiegato le ragioni che l’hanno spinto, dopo avere atteso in auto per ore il rientro a casa della madre delle sue tre figlie (ora affidate ad alcuni parenti), a premere il grilletto di una pistola modificata e detenuta illegalmente con cui ha spezzato il silenzio di via Raffaello a San Polo.
Il camionista, in carcere dal pomeriggio di domenica a Canton Mombello, avrebbe sommariamente detto a uno dei propri legali, che gli ha fatto visita in cella, l’avvocato Alberto Scapaticci, che si sarebbe sentito escluso dal contesto familiare soprattutto da quando era giunta a Brescia, per cercare lavoro e per aiutare la madre con le tre sorelline, anche la prima figlia di Francesca, Chiara.
Le accuse contro di lui sono pesantissime: omicidio plurimo, premeditato e di possesso di arma clandestina e modificata.
Albanese si sarebbe dimostrato molto preoccupato per il destino delle sue tre figlie, avute nel matrimonio con la maestra elementare.
L’uomo è sorvegliato a vista in carcere, anche in seguito al tentativo di suicidio fallito subito dopo aver compiuto la carneficina, atto estremo sventato dall’intervento coraggioso del carabinieri Ivano Gatti, sceso in strada per fermare l’uomo, suo vicino di casa.
Al giudice per le indagini preliminari il 34enne dovrà anche spiegare la provenienza dell’arma modificata da lui illegalmente detenuta. Il camionista, per il momento, ha solo detto di avere acquistato quella scacciacani modificata durante un suo viaggio di lavoro in Spagna, pistola che, a suo dire, gli sarebbe servita per sentirsi più sicuro durante i lunghi trasferimenti.

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