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Brescia Noir, il sicario senza volto di Castelcovati

E' l'8 luglio del 1993. Giacomo Rella viene freddato mentre si trova in un'autofficina. Il killer lo uccide con sei colpi di una pistola a tamburo.

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di Diego Serino
Sono le 12.15 di una tranquilla mattinata estiva a Castelcovati, anno 1993. Giacomo Rella, è nell’officina dell’elettrauto Santino Pinelli, in via Comezzano, in pieno centro, e con lui ci sono altre due persone: stanno parlando di un guasto del sistema di allarme di una vettura. Rella, 37 anni, nato ad Andria in provincia di Bari, ma residente in via Ponte Gobbo a Telgate, non sa che quelli sono i suoi ultimi istanti di vita. E’ un ex imprenditore edile. Ha parecchi affari nel bresciano ed è uno di quelli che ama stare sempre in compagnia. All’improvviso nell’officina arriva un uomo, ha gli occhiali scuri e il cappello calato sul volto. Va dritto verso Rella, gli ordina di mettere le mani sul cofano dell’auto. L’imprenditore è sorpreso, più che spaventato, non sa cosa pensare ed asseconda l’uomo. Pensa al massimo ad una rapina ma non è così. Il primo colpo è preciso, gli passa dietro l’orecchio destro. Poi altri cinque in successione alla schiena, alla gamba, ai fianchi. Senza neanche essersene reso conto Rella è morto, steso tra un Lancia Thema ed un fuoristrada in riparazione.

L’assassino non si scompone, raggiunge un’auto di grossa cilindrata, probabilmente un fuoristrada, guidata da un complice e sparisce, più veloce delle gazzelle dei Carabinieri di Chiari e Castrezzato che arrivano poco dopo. Accorre in officina anche la moglie della vittima, Rosanna Oldrati, che con l’imprenditore ha anche tre figli Savino di 13 anni, Valentino di 11 ed il piccolo Riccardo di soli trenta mesi. Le indagini cominciano serrate. Si viene a sapere che sull’uomo non sono stati rinvenuti i bossoli. Si deduce, quindi, che la pistola utilizzata per l’omicidio sia a tamburo. Nei giorni successivi i carabinieri compiono perquisizioni e indagano nella vita dell’uomo. Rella, nel suo passato, ha qualche ombra ma niente di eclatante: assegni facili, operai sottopagati ed altre piccoli reati sempre legati agli affari edili. Giacomo, infatti, è un impresario edile che recluta braccianti per farli lavorare nei cantieri della zona. Legato fortemente al paese di Castelcovati, dove ha abitato fino ad un anno prima, Giacomo vi torna spesso, e ha molto amici, come ricorda l’esercente della locanda del paese: “Giacomo era un buon ragazzo, di quelli che per aiutare gli amici si fanno in quattro”. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Antonio Chiappani, si soffermano, in particolare, sulla professione dell’uomo che, quotidianamente, aveva a che fare con lavoratori a cottimo, assunti in nero e portati a lavorare nei cantieri della provincia. Per questo la polizia perquisisce in primis l’ufficio che Rella aveva a Castrezzato, in via Cavalli, a non molti chilometri dal luogo dell’omicidio, poi la casa di Telgate, infine vengono interrogati amici e conoscenti. Salta fuori che probabilmente Rella era entrato in un brutto giro, pare facesse anche il prestanome ed è certo che cambiava macchine in continuazione: nell’ultimo periodo aveva posseduto una Mercedes, poi una Lancia Tema e, infine, un’Alfa 164. Spesso, tuttavia, al momento di doverle pagare non aveva disponibilità ed aveva subito anche qualche protesto. Per gli inquirenti non ci sono dubb,i bisogna indagare sugli affari dell’uomo: un mondo fatto di lavoro in nero, operai malpagati, “bidoni” e debiti. Probabilmente hanno ragione, ma il volto di chi ha ucciso Giacomo Rella non si saprà mai. 

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