Appalti truccati, ex sindaco Malonno dal giudice

Stefano Gelmi, in carcere, sarà sentito dal gip per parlare del presunto sistema di assegnazione delle opere pubbliche. In una vicenda simile anche Ceto.

(red.) E’ il giorno dell’ex sindaco bresciano di Malonno Stefano Gelmi nell’interrogatorio di garanzia in carcere davanti al giudice delle indagini preliminari del tribunale di Brescia Cesare Bonamartini. Oltre all’ex primo cittadino, sono finite in manette altre dieci persone, tra cui anche imprenditori e due dipendenti pubblici della Centrale Unica di Committenza che, su richiesta, avrebbero consentito quello che l’accusa, formulata dal pubblico ministero Ambrogio Cassiani, definisce un “sistema”. Si parla dei presunti appalti truccati per 1 milione di euro, di cui fanno parte tre opere pubbliche di Malonno e finite nel mirino degli inquirenti per il modo in cui sono state affidate.

Tutto è contenuto anche nelle intercettazioni telefoniche e ambientali che fanno parte delle carte dell’inchiesta e in cui si sente l’ex sindaco arrivare a dire di “rompere le gambe” agli imprenditori che non volessero schierarsi con questa forma di organizzazione. In particolare, verso uno di loro che aveva deciso di presentare un’offerta vera e concreta e che in seguito sarebbe stata modificata dopo averla analizzata usando una lampada dedicata. Quindi, si attende di sapere cosa e se Stefano Gelmi vorrà dire al giudice. Nel frattempo, dopo il terremoto giudiziario che ha colpito Malonno, attualmente commissariata proprio dopo le dimissioni dell’ex sindaco indagato nella vicenda e che in primavera andrà ad elezioni, trema anche Ceto.

Qui, sempre in Valcamonica, è indagata il sindaco Marina Lanzetti insieme a un tecnico comunale e altri tre imprenditori per l’assegnazione sospetta di alcuni appalti. Si tratta di due opere da 600 mila euro e sulle quali la Guardia di Finanza aveva messo gli occhi. Aspettando nuovi sviluppi, a Malonno in pochi vogliono parlare, anche se sono molti quelli che sostengono l’ex sindaco. In pratica, si dicono a suo favore nel momento in cui, anche se contro la legge, avrebbe preferito far lavorare le aziende locali piuttosto di quelle esterne.

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