Green Hill, confermate tre condanne

La Cassazione ha ribadito che nella struttura di Montichiari i cani venivano maltrattati e uccisi. In corso altri due procedimenti, anche verso animalisti.

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(red.) Nell’allevamento di cani beagle “Green Hill” a Montichiari, nel bresciano, gli animali venivano maltrattati e uccisi. La conferma arriva anche dalla terza sezione della Cassazione che martedì 3 ottobre ha ribadito le condanne, già arrivate in appello, nei confronti dei tre imputati. Si tratta di Ghislaine Rondot, cogestore della struttura di proprietà della società americana Marshall, il veterinario Renzo Graziosi – per entrambi 1 anno e sei mesi di reclusione – e il direttore dello stabilimento Roberto Bravi a 1 anno.

“Green Hill” era finito al centro di un’inchiesta nel 2012 quando è venuto alla luce il fatto che nella struttura, con la giustificazione di fare sperimentazione sugli animali, in realtà varie cavie venivano maltrattate o abbattute. Tanto che alcuni animalisti avevano compiuto un blitz portando all’esterno i cani sopravvissuti e facendo chiudere per sempre la struttura. Soddisfazione dopo l’esito della Cassazione è arrivata dal sostituto procuratore di Brescia Ambrogio Cassiani che ha guidato l’inchiesta, oltre alla Lega Anti Vivisezione (Lav) che è stata parte civile al processo.

Dal punto di vista giudiziario, in realtà, i tre condannati in via definitiva non sconteranno la pena per la sospensione della condizionale, ma il veterinario rischia nell’ambito di un procedimento disciplinare che era stato aperto nei suoi confronti. Nel frattempo, la sentenza rende proprietari gli affidatari dei 2.600 cani liberati dalla struttura di Montichiari.

Ma su “Green Hill” le vicende giudiziarie non sono finite. Il 22 novembre è attesa la sentenza dal tribunale di Brescia nei confronti di due veterinari dell’Ats – chiesti 2 anni di condanna – e tre ex dipendenti (chiesti 10 mesi) per concorso in maltrattamento e uccisione di animali, falsa testimonianza e falso ideologico. Infine, altri 12 imputati saranno alla sbarra per furto, rapina, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Sono gli attivisti che il 28 aprile del 2012 avevano compiuto il blitz al canile.

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