Italia ammaccata: nemmeno i morti riposano in pace

Ponti che crollano, scuole allo sfascio e patrimonio culturale lasciato a marcire. Ma i feretri scoperchiati dal terremoto 8 mesi fa, e mai sistemati, sono davvero troppo.

di Giovanni Merla

Crollano ponti, cavalcavia, scuole e asili. Vanno a pezzi uffici pubblici, patrimoni artistici e culturali, ospedali e impianti sportivi. Se non sono le calamità naturali (spesso causate dall’uomo) a distruggere il nostro Paese, ci pensa l’incuria, la cattiva gestione, la corruzione e l’incapacità della politica.

L’Italia cade a pezzi. Ovunque. Ammaccata da nord a sud. Con le strade colabrodo, i viadotti che dopo due gocce d’acqua si allagano, gli argini dei fiumi inadeguati e incapaci di contenerne le piene, le colline che franano e le città affacciate sul mare che puntualmente affogano.

Gli ultimi dati Istat raccontano che il 60% delle scuole non ha il certificato di agibilità e non parliamo delle carceri. Gli studenti al primo scricchiolio possono almeno fuggire, mentre per i detenuti sarebbe decisamente più complicato. Scherzi a parte (anche se c’è davvero poco da scherzare), la notizia che mi ha disgustato più di tutte è il dramma nel dramma del terremoto accaduto in Centro Italia.

Sono passati 8 mesi da quel giorno terribile. Oltre 240 giorni. Grandi spot elettorali, promesse non ancora mantenute, comparsate di politici, solidarietà, patriottismo e garanzia di concretezza. Parole al vento. I terremotati hanno trascorso l’inverno nelle tendopoli, qualcuno è morto assiderato. Questo fa rabbia.

Ma ciò che mi indispone maggiormente è vedere i loculi scoperchiati e le bare a cielo aperto nel cimitero di Sant’Angelo (Amatrice). È intollerabile e inaccettabile negare la dignità a chi non può neppure rivendicarla. Il rispetto per i morti è sacro, esiste ancor prima della nascita delle civiltà evolute. Le prime sepolture risalgono al tardo paleolitico, l’uomo di Neandertal praticava il culto dei morti, una sorta di rispetto e onore primordiale.

Nell’era della comunicazione mondiale real time in Italia non sono neppure in grado in 8 mesi di trasferire dei feretri in un luogo provvisorio, ma idoneo, in attesa di ristrutturare o ricostruire il cimitero. Chi ha vissuto l’incubo del terremoto è già scioccato e addolorato abbastanza. Non è giusto che subisca un’altra sofferenza tanto grande quanto evitabile. Questo scandalo ci conferma che chi governa questo paese pensa, ma soprattutto agisce, peggio di un australopiteco. Che altro serve ai cittadini per indignarsi e protestare?

Poche settimane fa in Paraguay i manifestanti hanno messo a ferro e fuoco il parlamento, perché cercava di modificare la costituzione. In Romania invece milioni di persone sono scese in piazza quando il governo intendeva depenalizzare la corruzione politica. Entrambi i provvedimenti, dopo le proteste popolari, sono stati annullati. Qui da noi invece gli animi si scaldano soltanto se danno un rigore farlocco alla Juventus o se non funziona il wifi.

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