Delitto Anna Mura, Musini: ho sbagliato a fuggire

Così l'imputato e moglie della vittima ha risposto al giudice nell'udienza di martedì. Cinque ore di interrogatorio per raccontare la sua versione dei fatti.

(red.) Martedì 26 luglio è stato il giorno della deposizione in tribunale a Brescia per Alessandro Musini, l’unico imputato per il delitto della moglie Anna Mura a Castenedolo, il 16 marzo del 2015. Alla Corte d’Assise davanti alla presidente Anna Di Martino e al pubblico ministero Francesco Piantoni ha raccontato la sua versione dei fatti rispondendo a cinque ore di interrogatorio. Ha continuato a professarsi innocente e a ritenere che anche i figli non centrino nulla nel ritrovamento del corpo senza vita della donna. Poi si è soffermato sulla fuga, durata 24 ore, prima dell’arresto e sull’aver trovato la moglie morta e in un lago di sangue.
All’accusa e al giudice ha rivelato di essere scappato nel momento in cui ha notato il corpo della consorte riverso a terra, in camera da letto, perché sarebbe finito nel panico. Il suo racconto inizia dal mattino quando dice di aver trascorso un paio di ore fuori, tra San Polo e Montichiari, per poi tornare a casa. Il suo turno di lavoro, infatti, sarebbe iniziato alle 22. Nel rientro ha detto di aver trovato il corpo della donna e di aver cercato di muoverla per capire se ci fossero stati segni di vita. Andato nel panico, sarebbe fuggito in auto tra la zona di via Cremona e il Freccia Rossa prima di essere raggiunto in via Boves dove per lui sono scattate le manette. “Ho sbagliato a fuggire, dovevo chiamare i soccorsi” ha detto.
Il motivo del panico? Ha raccontato che in Sardegna, diversi anni prima, aveva visto la sorella precipitare dal balcone di casa e poi tentare il suicidio. Da quel momento l’uomo avrebbe ricorso alle cure psichiatriche. Nell’interrogatorio ha confermato il fatto che con Anna Mura fossero ormai separati in casa, tanto che la donna avrebbe contattato un avvocato per avviare la causa. E il pugno di due giorni prima del delitto? “In realtà era uno schiaffo – ha detto – ma mi sono subito scusato”.
Nel racconto dell’imputato, però, ci sono alcune versioni diverse, secondo il giudice, rispetto a quanto aveva detto il figlio minore, il primo ad allertare i soccorsi dopo il ritrovamento della madre morta. Dalle macchie di sangue sui vestiti e le mani dell’uomo e la mancanza di tracce sull’auto usata per la fuga, oltre a un batticarne mancante e le scarpe indossate dall’operaio. Subito dopo l’udienza, Musini è stato di nuovo portato in carcere a Brescia dove si trova dal giorno dopo l’arresto. Il processo è stato aggiornato al 15 settembre, dopo la pausa estiva, quando saranno sentiti i primi testimoni della difesa.

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