Cava Inferno, barriera protezione inquinata

Un laboratorio di analisi segnala idrocarburi pesanti nello strato che dovrebbe separare la falda dalle scorie nella discarica tra Rezzato e Ghedi.

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(red.) La discarica Inferno tra Ghedi e Rezzato, nel bresciano, destinata a ospitare 1 milione di metri cubi di materiali inerti e terre contaminate, torna al centro delle polemiche. E stavolta di mezzo c’entra anche la scienza. In particolare, i riflettori sono puntati sullo strato, simile all’argilla, allestito sul fondo della cava per separare la falda dall’arrivo delle scorie. Peccato che sia inquinata anche la stessa barriera che si propone di fare da protezione. Il laboratorio Indam Ecosfera di Castelmella, su disposizione della Provincia, ha eseguito alcuni prelievi e accertato una concentrazione di idrocarburi pesanti oltre il limite consentito dalla legge.
Un esito che ha spinto lo stesso Broletto a scrivere al gruppo Bernardelli, responsabile della realizzazione della discarica, per non usare più quel materiale in arrivo dalla provincia di Mantova. E scoppia la bagarre politica da parte delle minoranze a Ghedi contro il sindaco Lorenzo Borzi. Ma il primo cittadino ha sottolineato l’esistenza di un organismo di controllo e l’intesa con la Provincia. La discarica è stata autorizzata dalla Regione Lombardia nel 2009 e dalla Provincia nel 2012, due anni prima che il Pirellone introducesse l’indice di pressione ambientale. E a questo punto, viste le novità, i cittadini potrebbero chiedere di fermare o rivedere il progetto.

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