Mandolossa, l’ombra dell’usura sull’omicidio

Le forze dell'ordine bresciane stanno cercando di capire la provenienza del denaro contante trovato in cinque abitazioni.

da-frank-mandolossa-slide(red.) Proseguono le indagini sul duplice omicido di Francesco Seramondi e Giovanna Ferrari. Ora le forze dell’ordine di Brescia stanno cercando di verificare la provenienza di tutto il denaro contante trovato riconducibile ai coniugi proprietari della pizzeria Da Frank, in via Valsaviore, zona Mandolossa.
Gli inquirenti hanno trovato 850 mila euro. Erano custoditi nelle abitazioni dei Seramondi, del figlio Marco, del fratello di Frank, che risulta essere il proprietario della licenza dell’attività. Anche due dipendenti tenevano in casa somme importanti: si tratta di una contabile e del 43enne albanese Arben Corri, l’uomo ferito da un agguato i primi di luglio, i cui responsabili sono gli stessi esecutori materiali del delitto di martedì 11 agosto.
Ora le forze dell’ordine stanno cercando di ricostruire un movente più solido rispetto a quello della mera concorrenza commerciale. Una delle piste seguite è quella dell’usura e dello strozzinaggio, anche se possedere denaro in contante non è per forza sinonimo di reato. Gli investigatori stanno anche cercando di capire la provenienza del fucile a canne mozze, un vecchio Breda “Antares” degli anni Sessanta, che risultava rubato e che prima di sparare è stato ovattato con della gommapiuma, per non perdere i bossoli e per attutire il rumore. C’è poi la questione del motorino, che ancora chiarita.
Il pakistano Muhammad Adnan e l’indiano Sarbjit Singh, detenuti a Canton Mombello, verranno interrogati nella giornata di mercoledì 19 agosto per la convalida del fermo. Proprio l’indiano ha detto di aver ricevuto 1.500 euro per accompagnare il killer e altri 10 mila euro li avrebbe ricevuti dopo l’omicidio.

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