Reati fiscali, arresti anche nel bresciano

Giovedì mattina 16 luglio la Guardia di Finanza ha eseguito perquisizioni e messo le manette. Tra loro, anche il presidente del Darfo Boario Calcio.

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Finanza(red.) Arresti e perquisizioni dalle prime ore di giovedì 16 luglio nelle province di Brescia, Bergamo, Milano, Vercelli e La Spezia nell’ambito dell’operazione “Laguna”. 120 agenti della Guardia di Finanza di Brescia hanno eseguito 30 controlli e notificato un’ordinanza di custodia cautelare verso dieci persone. A firmarla è stato il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia. Sono tutte accusate di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, bancarotta fraudolenta, trasferimento fraudolento di valori e reati contro la Pubblica amministrazione.
L’attività delle forze dell’ordine riguarda il lago d’Iseo e sono messi sotto sequestro beni, società, immobili, auto e denaro per circa 8 milioni di euro. Con il passare dei minuti, si è delineato il quadro che ha portato a vari arresti nel bresciano per reati fiscali. La Guardia di Finanza ha sequestrato dieci imprese, 92 immobili, 32 auto, un motoscafo e 8 milioni di euro. Secondo le carte dell’inchiesta di cui il Corriere della Sera riporta i primi dettagli, si tratta di una banda italo albanese che comandava gli appalti pubblici sul lago d’Iseo. Ma riguarda in generale anche le province di Bergamo e Brescia tramite amministratori locali, professionisti e addetti delle banche. Tra gli arrestati, ci sono anche i fratelli Saimir e Gezim Sallaku, il secondo è presidente del Darfo Boario calcio ed era già stato arrestato poi scarcerato in aprile per presunta estorsione e truffa.
Secondo l’accusa, gli indagati e arrestati compensavano falsi crediti con il fisco inesistenti atttraverso debiti fiscali e oneri contributivi e spostavano i soldi da società fallite verso altre nuove nel campo alberghiero. Di fatto, i creditori e gli enti di previdenza si trovavano così danneggiati. Il denaro sarebbe poi stato riciclato in una riserva faunistica in provincia di Vercelli. Gli inquirenti sono così arrivati a un’associazione criminale fatta di aziende edili legate a prestanome, ma gestite dai due fratelli albanesi. Le imprese mettevano a disposizione operai nei cantieri a prezzi più bassi. Tramite questo sistema riuscivano ad aggiudicarsi diversi appalti pubblici, altrimenti sarebbero stati esclusi per mafia. Per quei lavori che, invece, non necessitano di gare, ma solo di procedure negoziate, alcuni amministratori locali compiacenti li avrebbero assegnati allo stesso sodalizio.

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