Rimborsi Lega, chiesto processo per Bossi e figli

Truffa allo Stato per 40 mln. La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per il senatur, per i due figli Riccardo e Renzo e altre 6 persone.

(red.) Oltre 40 milioni di euro di rimborsi elettorali incassati ‘illecitamente’ dalla Lega quando a guidarla era ancora Umberto Bossi.
Soldi pubblici finiti nelle casse del Carroccio presentando a Camera e Senato rendiconti ‘irregolari’ di cui poi circa mezzo milione sono serviti al Senatur e ai suoi figli, Riccardo e Renzo il ‘Trota’, per pagare una serie di spese personali: multe, lavori per la casa di Gemonio, vestiti, gioielli, fino al dentista. E ancora: una macchina nuova, l’ormai nota laurea albanese, le rate universitarie, il mantenimento dell’ex moglie e anche il veterinario per il cane.
E’ lungo l’elenco dei soldi prelevati dai conti del partito, allora usato come un bancomat, per lo shopping e le spese private dell’ex segretario della Lega e dai suoi due figli. Elenco messo nero su bianco nella richiesta di processo per i tre Bossi (Umberto, Riccardo e Renzo, quest’ultimo ex assessore regionale, eletto nella circoscrizione di Brescia) e altre sei persone firmata dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, i quali hanno invece stabilito che la posizione dell’ex vice presidente del Senato Rosi Mauro va archiviata. Non così per l’ex tesoriere di via Bellerio, Francesco Belsito, per tre ex componenti del comitato di controllo di secondo livello, Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci, coloro che hanno firmato i rendiconti ritenuti irregolari presentati in Parlamento, per l’imprenditore Stefano Bonet e il commercialista Paolo Scala. Per loro, come per l’ex numero uno del carroccio e i figli, le accuse a vario titolo sono truffa aggravata ai danni dello Stato, appropriazione indebita e riciclaggio.
La vicenda per cui ora la Procura chiede il processo riguarda in prima battuta quell’operazione addebitata a Bossi in qualità di legale rappresentante della Lega, complici Aldovisi, Sanavio e Turci, che sarebbe stata messa in atto attraverso i falsi rendiconti-spese presentati a Camera e Senato per far incassare illecitamente al partito circa 40 milioni di euro di rimborsi elettorali per il 2008 e il 2009. Rimborsi che per il 2010 non sono stati erogati in quanto , come si legge nel capo di imputazione, i “revisori pubblici” nell’estate di due anni fa attestarono le irregolarità.
INDEBITI RIMBORSI Nella richiesta di giudizio sono riportati i conti di quelle che, codice alla mano, si chiamano appropriazioni indebite. Tra il 2009 e il 2011, il Senatur avrebbe speso, secondo i pm, oltre 208 mila euro di soldi pubblici: significativo l’assegno da 20 mila con la dicitura ‘Casa Capo Lavori’. E poi cartelle esattoriali, «lavori edilizi» per la casa di Gemonio(1.583 euro), assegni da 50 mila euro, 160 euro per «acquisto regalo di nozze», 27 mila euro per «abbigliamento», gioielli, 1.500 euro di dentista, 81 mila euro per lavori in una casa a Roma.
LE SPESE DEL TROTA Per Renzo più di 145mila euro di spese: migliaia di euro in multe, 3mila euro di assicurazione auto, 48mila euro per comprarsi una macchina e 77mila euro per la «laurea albanese». Riccardo, invece, ha speso quasi 158mila euro per pagare «debiti personali», «noleggi auto», le rate dell’Università dell’Insubria, l’affitto, il «mantenimento dell’ex moglie», l’abbonamento della pay-tv, «luce e gas» e anche il «veterinario per il cane».
“ARCHIVIAZIONE ” PER ROSI MAURO Anche Rosi Mauro era stata accusata di essersi appropriata indebitamente di quasi 100 mila euro, ma ora per lei è stata chiesta l’archiviazione. Dopo la chiusura delle indagini (avvenuta lo scorso novembre), l’ex senatrice – per altro espulsa dal partito nonostante si fosse sempre dichiarata innocente – si è fatta interrogare: si è difesa «su ciascuno dei tre fatti» contestati «fornendo anche documenti di supporto e prospettando spiegazioni che al pm» sono apparse «accoglibili e comunque tali da rendere assai dubbia la solidità della prospettazione accusatoria».
Anzi, per la Procura, «non è irragionevole ritenere» che Belsito, «abbia utilizzato» l’ex vicepresidente del Senato e il suo bodyguard Pierangelo Moscagiuro, al quale si ipotizzava fosse stata comprata anche a lui una laurea in Albania per oltre 77 mila euro, «come pretesti per prelevare denaro per se stesso». Denaro ora conteggiato nei circa 2 milioni e 400 mila euro che, come è emerso dagli accertamenti, l’ex tesoriere avrebbe sottratto alla Lega, la quale, dopo essere stata travolta dall’inchiesta nell’estate 2012, ora è parte offesa.

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