Yara, «la madre di Bossetti sapeva»

Secondo gli inquirenti, che avevano intercettato Ester Arzuffi, la donna aveva capito che il Dna trovato sul corpo della 13enne era del figlio.

(red.) Sapeva tutto e ne avevano anche parlato. Ester, la madre di Massimo Giuseppe Bossetti, secondo gli inquirenti, aveva capito che il Dna trovato sul corpo di Yara Gambirasio era del figlio, arrestato con l’accusa di essere il killer della 13enne di Brembate.
Un segreto che rischiava di venire fuori da un momento all’altro e per questo si era confrontata con il figlio sulle cose da fare.
Le indiscrezioni di un investigatore, come riferisce Tgcom, chiarirebbero i motivi per cui le forze dell’ordine sono arrivate al 44enne muratore di Mapello così a colpo sicuro. Subito dopo avere ottenuto la conferma che la madre di “Ignoto Uno” era Ester, gli inquirenti l’hanno “provocata” facendole sapere che si era scoperto della sua relazione con Guerinoni nel 1969.
Intanto, erano stati messi sotto intercettazione i telefoni di tutta la famiglia. Da una conversazione tra la madre e il figlio Massimo hanno così appreso che era lui l’uomo su cui puntare. Il profilo tracciato dai genetisti analizzando il Dna indicava un uomo tra i 40 e i 45 anni. Massimo ne ha quasi 44,  il fratello 39. Entrambi erano sospettabili. Quando gli investigatori hanno capito che Massimo Giuseppe Bossetti sapeva che stavano per arrivare a lui lo hanno fermato, sottoposto ad un alcoltest per prelvarne la saliva, e quindi interrogato e sottoposto a custodia cautelare in carcere.
«Credo che si possa tranquillamente andare a giudizio immediato», nei confronti di Massimo Bossetti, presunto colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio.
Così il procuratore capo della Repubblica di Bergamo, Francesco Dettori, ospite di “24 Mattino” su Radio 24 parla del caso Yara. «La decisione di richiederlo spetta al pm Ruggeri, ma ritengo di sì, che si possa fare il giudizio immediato. Dopo tanti anni, se si riesce ad arrivare a un giudizio dibattimentale il più rapido possibile significa anche dare un giusto conto del funzionamento della macchina della giustizia».
Sulla prova “principe”, quella del dna, Dettori ha affermato che la “nostra è una certezza processuale basata su prove scientifiche praticamente prive di errore. Questa prova è stata stabilita in un contesto oggettivo molto ben specifico. Non si possono fare correlazioni con altri casi come quello di via Poma, sono casi diversi. Basti pensare a dove il liquido biologico si trovava, sugli slip della adolescente in prossimità di una lacerazione degli slip stessi, e poi le sevizie subite con un coltello. Tra l’altro poi colui che è stato identificato non ha niente a che fare con l’ambiente di normale e comune frequenza della ragazza».
Il procurato capo ha poi sottolineato che «Bossetti ha diritto di professarsi innocente, fa parte della dinamica processuale. Ma la nostra è una verità scientifica. Allora, crediamo o non crediamo alla scienza? L’esattezza la danno in percentuale quasi totale. Poi si possono fare tutte le perizie del caso, se dovesse essere disposto un accertamento i margini ci sono per poterlo far».
Dettori, alla domanda del conduttore se fosse vero di un errore, commesso due anni fa, quando il dna di Ester Arzuffi fu prelevato ma comparato in laboratorio non a quello di “Ignoto 1” bensì a quello della madre di Yara, ha concluso a Radio 24: «Questo non mi risulta, in tutta onestà. Però tra migliaia di dna, ne sono stati controllati 15mila, può capitare qualche refuso. L’importante è rettificare. Ma questo non lo conosco, non mi risulta».
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