«Inceneritore Brescia, i conti non tornano»

Secondo il M5, il 30% dei rifiuti bruciati in realtà non sono "biomasse", ma rifiuti speciali. Interrogazione in Senato al ministro dell'Ambiente Galletti.

(red.) Dopo la presa di posizione degli ambientalisti bresciani, una interrogazione del Movimento 5 Stelle in Senato, rivolta al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gian Luca Galletti, in cui viene segnalato “l’uso distorto” del termine “biomasse” che si è fatto negli ultimi anni a Brescia con riferimento ai rifiuti conferiti all’impianto di incenerimento di A2A, in particolare in occasione della recente concessione della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.) da parte della regione Lombardia.
L’interrogazione sollecita le istituzioni ad una revisione degli accordi intrapresi, in quanto «non sarebbero orientati alla difesa della salute umana e dell’ambiente», e «sarebbero distanti dalla pratica di “decommissioning”, cioè di selettiva e progressiva disattivazione, avviata dalla Regione, degli impianti di smaltimento presenti in Lombardia e quindi anche a Brescia».
Il M5S sottolinea che in base alla «relazione sul funzionamento del Termoutilizzatore di Brescia-anno 2012 (…) redatta da Aprica Spa (…) si evince che i materiali in ingresso all’inceneritore associati a codici Cer riconducibili alla classificazione delle biomasse, risultano conferiti all’impianto soltanto in minima parte (15.618 tonnellate sulle 736.185 tonnellate totali, ovvero il 2,12%) mentre il resto, escludendo i rifiuti solidi urbani, è costituito da rifiuti speciali».
A parere del Movimento 5 Stelle dunque, «la percentuale di biomassa (richiamata in più occasioni a mezzo stampa dal sindaco Del Bono) che verrebbe conferita nell’impianto nella misura del 30% sin dall’avviamento della terza linea di combustione, non corrisponde alla realtà dei fatti poichè, ad esempio, nel solo anno 2012, essa si è attestata a poco più del 2%».
Nel testo, si fa riferimento anche all’incidente al termoutilizzatore, avvenuto l’8 agosto 2012, «a causa di un guasto all’apparato elettronico» in seguito al quale «la magistratura ha disposto l’esecuzione di indagini atte ad individuare responsabilità nell’accaduto».
Tra i firmatari del documento anche il senatore bresciano Vito Crimi che ha spiegato come «a fine febbraio la Regione Lombardia ha rilasciato la nuova AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) per l’inceneritore. Sulla stampa locale sindaco e assessori hanno dichiarato che il Comune è riuscito a mantenere il vincolo del «30% di biomassa» sul totale conferito, come sarebbe dovuto essere fino ad oggi». In realtà, secondo il senatore pentastellato, «la realtà è ben diversa. L’A.I.A. stabilisce che sul totale dei rifiuti conferiti il 30% debba essere costituito da rifiuti speciali, non biomasse. Inoltre, dai codici C.E.R. (Catalogo Europeo dei Rifiuti) dei rifiuti bruciati nel solo 2012 risulta che i rifiuti speciali che avrebbero potuto avvicinarsi alla definizione di “biomasse” non superavano il 2%».
«Azienda e comune ci hanno sempre raccontato che il 30% dei rifiuti bruciati erano “biomasse”, in realtà sono sempre stati speciali. E ancora lo saranno», scrive Crimi su Facebook.
Nell’interrogazione si chiede al ministro se «non intenda verificare il corretto iter autorizzativo con il quale si è pervenuti al rinnovo della citata autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione Lombardia» e, anche «se non ritenga opportuno suggerire una revisione e/o correzione delle proporzioni nel rapporto tra i rifiuti solidi urbani e i rifiuti speciali destinati al conferimento all’interno del rinnovato Aia (….) in modo da consentire la disattivazione progressiva dell’impianto o delle singole linee di combustione». Viene sollecitata anche una «rettifica» all’amministrazione comunale bresciana «dell’errata informazione sino ad oggi divulgata ai cittadini in materia di biomasse conferite all’impianto».

 

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