«Il metodo Stamina? Una cialtroneria»

Un giudice di Torino ha negato le cure a un bimbo di tre anni, malato. Vannoni, presidente di Stamina Fundation, a processo il 3 aprile.

(red.) La terapia con cellule staminali di Davide Vannoni? E’ «una cialtroneria» per un giudice del lavoro di Torino che  ha respinto la richiesta dei genitori di un bambino di tre anni colpito da una grave malattia di sottoporlo ai trattamenti presso l’ospedale Civile di Brescia. L’ordinanza è del 10 marzo scorso, ed è stata depositata nei giorni scorsi.
La famiglia del piccolo, affetto da malattia di Canavan, una grave degenerazione neurologica, aveva chiesto nelle scorse settimane di ordinare con urgenza agli Spedali civili di Brescia, dove il metodo Stamina è stato sperimentato, di somministrare al bambino le cellule trattate con la metodologia della Stamina Foundation. Il giudice ha detto di no, e nella sua ordinanza di 39 pagine, ha dedicato un intero capitolo alla terapia proposta da Davide Vannoni, che andrà a processo il prossimo 3 aprile per tentata truffa nei confronti della Regione, definendola, e prendendo a prestito la terminologia della scienza medica, che lo mutua dal verso dell’anatra, un «quack method»: ciarlataneria. Perchè, si sostiene, le cure sono slegate dalle regole della scienza, segrete in tutto o in parte, presentate al pubblico come manifestazione di altruismo e di interesse. L’adozione di queste cure comporta “fatali sprechi di tempo”, danni e molte spese ha aggiunto il giudice.
L’ordinanza torinese segue un’altra mezza dozzina di decisioni in questo senso, ma è la prima che prende in esame in modo approfondito il caso delle cure miracolose sotto il profilo della letteratura scientifica. Altri tribunali hanno invece detto sì a Stamina disponendo le cure per circa 140 pazienti.
Sul caso Stamina l’Ordine dei medici di Brescia è tornato ancora una volta a precisare che «ha competenza esclusivamente deontologica», e deve dunque «vigilare che i medici si attengano alle norme previste dal Codice di deontologia medica in vigore. Si tratta di una valutazione individuale che si deve obbligatoriamente basare su elementi di trasgressione verificabili». E in caso di intervento, annuncia, «ogni eventuale atto ordinistico in tal senso sarebbe comunque tutelato da ovvia riservatezza». «Alcuni fatti relativi al caso Stamina – conclude il Consiglio direttivo dell’Ordine – sono oggetto di indagini della magistratura che, una volta concluse, potranno fornire ulteriori elementi di valutazione».

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