Giunta Paroli, cinque anni di polemiche

L'amministrazione uscente di Brescia ha fatto discutere la città per una serie di scelte e di proposte che, in molti casi, hanno suscitato lunghi strascichi. Ecco i principali.

(g.a.) Tredici punti di distacco, una forbice netta che, come ammesso dallo stesso Adriano Paroli, candidato sindaco uscito sconfitto al ballottaggio di domenica e lunedì a Brescia, è stata inattesa.
Una débâcle per l’ex primo cittadino, penalizzato dall’astensionismo alle urne, molto più forte per il centrodestra che nelle file degli avversari e, anche, per il Popolo della Libertà, uscito fortemente ridimensionato in tutta Italia da questa tornata amministrativa.
Il Pdl in crisi? Lo stesso coordinatore cittadino dimissionario Stefano Saglia parla di partito “malato”. E se Paroli ha affermato di avere lavorato bene in questi cinque anni di mandato, è anche vero che i bresciani hanno preferito voltare pagina, assegnando fiducia alla nuova amministrazione, in fase di insediamento.
Nel day after della bruciante sconfitta, quiBrescia.it ha provato a ricordare le scelte di sindaco e assessori che, in questi cinque anni, hanno fatto maggiormente discutere la città.
CARTE DI CREDITO E RIMBORSI PASTO. Tra le vicende più eclatanti c’è sicuramente quella denominata “Forchettopoli”, ovvero riguardante le cosiddette “spese di rappresentanza” degli amministratori che componevano la precedente Giunta.
“Forchettopoli”, così come venne ribattezzata dall’opposizione in Loggia, riguardava le spese sostenute dal sindaco Adriano Paroli e da nove suoi assessori (la procura di Brescia aprì un fascicolo, ma poi venne chiesta l’archiviazione del procedimento contro gli indagati per peculato sull’utilizzo della carte di credito comunali), e venne poi archiviata dalla Corte dei conti dopo che il sindaco Paroli aveva pagato di tasca propria tutti i 50 mila euro contestati.
L’inchiesta, lo ricordiamo, ha virato poi a sinistra, indagando sulla legittimità delle spese di rappresentanza sostenute dalla Giunta Corsini nel 2007. Si tratta di una cifra di circa 20mila euro. La documentazione delle spese è stata inviata alla Corte dei conti dalla segreteria generale di Palazzo Loggia, “per verificare se le stesse possano costituire un danno erariale”.
SOLDI AI NUOVI NATI, MA NON A TUTTI. Un’altra azione dell’amministrazione di centrodestra che ha scatenato polemiche e dibattiti a non finire, è il “pasticciaccio brutto” del bonus bebè, il contributo a sostegno dei nuovi nati nelle famiglie bresciane.
La Loggia aveva, in un primo tempo, erogato il contributo (delibera numero 46 del 30 gennaio 2009,) solo a vantaggio delle famiglie di bimbi italiani. Contro tale decisione, nel 2009, una coppia di immigrati, residenti da anni nel nostro Paese e in città, aveva fatto ricorso, ottenendo ragione dal tribunale.
Il giudice Alessio della sezione Lavoro del tribunale di Brescia ha dichiarato discriminatorio il comportamento del Comune e ordinato all’Amministrazione di cessare questa  condotta condannandola a pagare a ognuno dei quattro ricorrenti 3 mila euro “a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale da discriminazione” e a versare all’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) 15 mila euro, sempre “per risarcimento del danno da discriminazione”.
A completare il conto 8.500 euro (+ Iva) per spese legali. Oltre ai mille euro che spettavano loro, sono arrivati anche i 3 mila euro per nucleo famigliare stabiliti come risarcimento danni dalla sentenza dello scorso gennaio. In tutto, come calcolato dalla Cgil di Brescia, il bonus bebè è costato alle casse della Loggia oltre 100mila euro.
PIAZZA ROVETTA, TRA PENSILINA E AULA STUDIO. Due operazioni che hanno creato un lungo strascico di botta e risposta, hanno interessato piazza Rovetta, nel cuore del centro storico. La prima è stato lo smantellamento della pensilina di Largo Formentone, struttura che è stata poi ricollocata al parco Pescheto, in città, per un costo complessivo di 300 mila euro.
Il tutto nell’ottica della futura realizzazione del cosiddetto “cubo bianco” una sala di lettura da collocarsi proprio nella piazzetta. Un progetto che era fortemente sostenuto dall’allora assessore ai Lavori Pubblici, Mario Labolani, e che ora, con il cambio di guida in Loggia, è destinato a finire in archivio.
Sempre sulla stessa area è stata realizzato uno ‘spazio gioco’ per bambini, attrezzato con panchine ed un piccolo teatro per burattini che avrebbe dovuto servire per l’aggregazione delle famiglie nel cuore della città. Idea che non è mai decollata, snobbata di fatto dai bresciani, e per un investimento di alcune decine di migliaia di euro.
Senza dimenticare le 1.044 firme di cittadini raccolte in pochi giorni in calce a un documento che protesta contro la chiusura (avvenuta nel 2208) della biblio-ludoteca del Carmine. La decisione era stata presa dall’assessore al Centro Storico Mario Labolani.
SINTI SI’, SINTI NO. INTANTO PAGA BRIXIA SVILUPPO. Di carattere politico (e anche economico), invece, la questione dei campi nomadi, e in particolare l’acquisto del terreno di Guidizzolo, nel mantovano, dove, secondo l’amministrazione targata Pdl-Lega Nord, avrebbero dovuto essere traslocati i Sinti di Brescia.
Un’ipotesi che ha contrapposto la Loggia al municipio mantovano, suscitando accese polemiche e dibattiti che hanno poi sforato dai confini provinciali. Il progetto Loggia-Brixia Sviluppo prevedeva il trasferimento di alcune famiglie di nomadi italiani in località Birbisi, dove è stato comperato un terreno. L’amministrazione di centrodestra che governava il comune mantovano aveva, però, emesso un’ordinanza che vietava l’insediamento di case mobili sul territorio municipale.
L’investimento per l’acquisto dell’appezzamento dell’ipotizzato campo nomadi da parte di Brixia Sviluppo è stato di 150 mila euro. Le famiglie nomadi non vi sono mai trasferite. Attualmente il terreno, ad uso agricolo, è incolto ed è passato nel patrimonio di Brescia Infrastrutture, che ha incorporato capitale e “rogne” dell’immobiliare Brixia Sviluppo.
EX-OVIESSE IMMOBILE DELLA DISCORDIA (ECONOMICA). Battaglia legale e a colpi di denunce quella che si è giocata per la vendita dell’immobile Ex-Oviesse in centro città, ceduto, secondo l’ex candidato sindaco Cesare Giovanardi, a un prezzo “sbagliato” ed eccessivo rispetto al valore di mercato a Brixia Sviluppo, società pubblica controllata al 100% dal comune di Brescia, poi confluita in Brescia Infrastrutture.
La struttura venne data poi affittata al gruppo Martini, che tutt’oggi gestisce in loco il market Buonissimo. La perizia di allora, effettuata da un geometra incaricato proprio dal comune, fece risultare il valore dello stabile in circa 10 milioni di euro, poi ridotti a 8 milioni e 770 mila: una cifra “gonfiata” secondo Cesare Giovanardi, che ricevette una querela da parte di Riccardo Franceschi, presidente di Brixia Sviluppo.
Giovanardi è stato poi assolto con formula piena e ha, a sua volta, presentato un esposto contro il comune di Brescia.
OMB E IL SOGNO (DI COMODO) DEL POLO DELLA MOBILITA’. Altre critiche piovvero sull’amministrazione Paroli per il salvataggio di Omb International, acquistata da Brescia Mobilità da un fondo fiduciario. Ancora prima l’azienda apparteneva al gruppo Mascialino. L’operazione è avvenuta attraverso un sostanzioso apporto economico da parte di una controllata del comune di Brescia, che ha acquisito gli asset della vecchia Omb per circa 10 milioni di euro, dopo aver ricevuto un lauto finanziamento dalle casse della città.
L’impegno era stato assunto dal sindaco Adriano Paroli in un’assemblea pubblica svoltasi nello stabilimento. E se i sindacati si erano detti favorevoli all’intervento del comune, gli industriali bresciani lo avevano criticato definendolo “assistenzialistico” nei confronti della proprietà dell’azienda, considerata vicina alla Compagnia delle Opere, e lamentando anche il fatto di non essere stati interpellati sulla questione.
PARCHEGGIO SOTTO IL CASTELLO, MA ANCHE NO. Sono rimaste accese fino al’ultima ora di campagna elettorale le polemiche e i dibattiti sul progetto della ex-giunta di centrodestra di realizzare un parcheggio sotto il Castello, a fianco della galleria che attraversa il colle Cidneo.
Un’opera che, secondo opposizione ed ambientalisti è “inutile, costosa e dannosa” per la città. Poco prima del voto, lo stesso Adriano Paroli aveva messo in stand by il piano del parking. Una mossa che, però, evidentemente, non ha convinto gli elettori.
SEDE UNICA UTILE, PAROLA DEL SINDACO. Altri pesanti dubbi li ha poi sollevati l’idea di realizzare una sede unica degli uffici comunali, in una zona al di fuori dal centro storico dove invece il municipio possiede numerosi immobili storici.
Anche in questo caso le perplessità sono state di natura economica visto che l’operazione – definita dalla giunta “a costo zero” – sarebbe in realtà costata al municipio la rinunzia agli elevati oneri di urbanizzazione da incassare per le ristrutturazione edilizia  degli ex Magazzini Generali di via Dalmazia.
Ma c’era anche una perplessità legata alla logistica visto che, con l’avvio della metropolitana, ci si è resi conto che la struttura sarebbe rimasta tagliata fuori dalla linea. Per renderla facilmente raggiungibile dalla popolazione sarebbe stato necessario spendere milioni di euro per un prolungamento del metrò.
MOSTRE GRANDI, MA SOLO PER IL COSTO. In tempi recenti, lo scandalo “Matisse” ha sollevato un polverone di polemiche, acceso l’interesse dell’amministrazione giudiziaria e messo seriamente in crisi il sistema delle “Grandi mostre” a Brescia.
Come molti ricorderanno, la bomba esplose con la pubblicazione su Facebook, da parte dell’ex consigliere Pd in Loggia Rocco Vergani, della foto di un tagliando d’ingresso con numero di matricola decisamente lontano dalla cifra che gli organizzatori dell’esposizione, affidata dalla Loggia ad Artematica di Treviso, avevano indicato a chiusura della rassegna.
Come poi certificò ufficialmente la Siae, il numero di biglietti staccati era stato inferiore a quello dichiarato dal numero uno di Artematica, Andrea Brunello, la cui società aveva così potuto intascare anche un bonus che il Comune aveva erogato al raggiungimento di una certa quota di ingressi.
Un’operazione con il profumo dell’imbroglio che è finita sotto la lente della procura e per la quale l’unico indagato resta, al momento, lo stesso Brunello.
In questo caso, l’amministrazione Paroli (l’assessore alla Cultura era Andrea Arcai) è stata probabilmente vittima degli eventi, ma le critiche per la gestione della vicenda e per il mancato controllo non sono comunque mancate. Anche perché, lo stesso modus operandi, Artematica lo aveva poi applicato alla mostra sugli Inca. Un bis che suona come una beffa, oltre al danno subito.
MULTE PAZZE E AUTO BLU Indignazione hanno suscitato poi le cartelle esattoriali di Equitalia in cui si chiedeva alla Loggia di pagare una cifra pari a 29.900 euro per sanzioni commesse dalle auto “blu”, in servizio al Comune, tra il 2009 e il 2012.
Del totale, ben 21mila euro riguardano le 47 infrazioni
a carico delle vetture istituzionali in servizio al primo cittadino Adriano Paroli. Di queste 29 sono per eccesso di velocità, 18 invece per omessa comunicazione del conducente.
Il numero uno in Loggia, Paroli, parlando delle sanzioni, aveva sollevato il sospetto di un “complotto politico” ordito contro di lui. Ovvero, qualcuno, non meglio specificato, all’interno degli uffici comunali, che avrebbe volutamente lasciato “a dormire” le sanzioni finchè queste non sono diventate cartelle esattoriali di Equitalia. La vicenda ha susitato un vivace dibattito e una feroce parodia web su Facebook.
IL BIGIO RESTA IN DEPOSITO. Dulcis in fundo, non si può dimenticare l’affaire Bigio. Ovvero la statua denominata “Era fascista” che la Giunta dell’ex sindaco aveva deciso di restaurare e riposizionare nell’originaria sede, quella di piazza Vittoria, nell’ambito di una presunta riqualificazione dell’area.
Una ridda di polemiche si è sollevata sull’opportunità di rispolverare un’opera dal chiaro riferimento politico al regime fascista, rimasta a giacere in deposito dai tempi della Liberazione. Molte voci di uomini di cultura, antifascisti e ambientalisti si sono levate anche sulla scelta di investire 150 mila euro (ma c’è chi dice che il costo vero complessivo sia stato di circa 300 mila) nell’operazione nostalgica, mentre venivano ridotte le risorse a disposizione del welfare per l’assistenza ai cittadini in difficoltà.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.